Quanto deve essere lungo un racconto? Qui su Tremila Battute sapete che, nomen omen (che è una delle due frasi che so in latino), la lunghezza massima è proprio di tremila battute, ma esiste una lunghezza minima da rispettare? Non mi sono mai effettivamente posto il problema, perché se c’è una minima (microscopica) prova che l’allenamento in scrittura serve è data dal fatto che ormai, quando stendo un racconto per il blog, riesco abbastanza facilmente a capire se sto sforando oltre il limite. Raramente però mi sono venute in mente storie che potessero risolversi in poche righe, almeno non per Tremila Battute.
Della massima brevità si è fatto in qualche maniera portavoce addirittura Ernest Hemingway, con la famosa scommessa sullo scrivere il romanzo più breve in assoluto. Il risultato fu “For sale: baby shoes, never worn” (Vendesi: scarpine per neonato, mai indossate), un capolavoro di sintesi il cui regno incontrastato, almeno nella mia testa, è stato intaccato di recente solo dalla microprosa scritta nel 1959 dall’autore guatemalteco Augusto Monterroso, Il dinosauro: “Quando despertó, el dinosaurio todavia estaba alí” (Quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì). Il mistero che sia Hemingway che Monterroso creano attorno alle loro parole è denso di domande che rimarranno senza risposta, lasciano vagare con la mente a tutte le possibilità di tono (il bambino è morto o hanno solo sbagliato a comprare le scarpe? Il dinosauro è un temibile velociraptor o un pacioso brachiosauro?), genere e sviluppo, uno sviluppo che rimarrà per sempre solo potenziale… A meno che la Disney o qualche altra major non decida di acquisirne i diritti per un film, d’altronde se l’hanno fatto con Tetris chi può fermarli?
Ma perché tutta questa premessa? Perché Simona Lazzaro, pur non entrando in diretta competizione coi due mostri sacri di cui sopra, è riuscita a condensare in pochissime battute una storia che lascia intravedere solo il giusto, e lo ha fatto prendendo ispirazione da una canzone dei Crywank.
Parliamo di Simona innanzitutto. Autrice, editor e articolista, collabora con diverse testate giornalistiche, studia psicologia e, ovviamente, scrive anche per diletto e lo fa con ottimi risultati sia nella forma breve che in quella lunga. Ha pubblicato con Milena Edizioni due romanzi, Euterpe (2013) e Sirene (2014), racconti e riflessioni nelle raccolte curate da Antonio Schiena e Beniamino Soprano del sito Roba da scrittori, Roba da scrittori e Roba da scrittori – L’ombra dell’ignoto (il titolo del suo testo in quest’ultima, Onironauta, mi rimanda a questo splendido e viscerale disco dei purtroppo disciolti Kaleidoscopic) e, ovviamente, anche racconti sparsi nella lit-web: ne trovate uno sulla mai dimenticata Split di Pidgin, un altro sul sempre lodato multiperso e presto la troverete anche su Gargolla. Diversity ambassador, Simona ha anche vinto con un suo racconto un concorso indetto dall’Università Federico II di Napoli: si definisce una persona bizzarra che legge di tutto, scrive e, talvolta, morde, tanto che sui social la trovate come @mordescrive.
Che si può dire invece dei Crywank? Duo anti-folk di Manchester, nascono nel 2009 come progetto solista di Jay Clayton, che con la chitarra a tracolla e un bagaglio di disagio e rabbia nella voce comincia a registrare i primi album, James is going to die soon (2010) e Narcissist on a verge of a nervous breakdown (2012), settando già il tono di quello che sarà il progetto da lì in avanti: carica punk, autoproduzione, testi che parlano di tristezza, paranoia, miseria e tanto, tanto humor per farci una risata sopra. Nel 2013 a Clayton si affianca il batterista Daniel Watson e la formazione si completa, rimanendo stabile per tutti gli anni successivi (nel biennio 2015/2016 si aggiunge anche il bassista Tom Connolie, giusto il tempo di registrare il disco Don’t piss on me, I’m already dead e di partecipare al relativo tour, anche se un suo contributo alla chitarra è rintracciabile anche nell’Ep precedente Shameless valentines money grab), anni fatti di tour in tutto il mondo e di dischi rilasciati a ciclo continuo: al momento ne hanno registrati otto, a cui si affiancano una galassia di Ep e progetti paralleli di Clayton (fra cui l’album Following the lizard queen, pubblicato come Langdon Algier, una sorta di dichiarazione d’amore in sette canzoni a Lisa Simpson che sfiora l’ossessione).
Ma che fanno i Crywank? Potrei descriverveli come dei punk posseduti dal folk, dall’animo più bizzarro dei Butthole Surfers, dalla teatralità dei Tenacious D e dall’umorismo più macabro di Matt Groening (il titolo dell’album Don’t piss on me, I’m already dead è una citazione sempre dei Simpson, se non sbaglio a tradurre presa di peso dal finale del sorprendente corto di Barney Gumble), ma non renderebbe l’idea. La loro è una follia controllata, orecchiabile finché non fai caso ai testi o ai titoli (ce ne sono di infiniti, tipo When you eat yourself, first start with your head up your arse o The only way I could save myself now is if I start to firebombing), viscerale nel suo urlare la propria incapacità di trovare un posto nel mondo e comica nel riderci immancabilmente sopra. Non c’è una nota nei loro dischi che risulti meno che sincera (vabbé, non li ho ascoltati DAVVERO tutti, ma spero di rendere l’idea), sono come dei folletti usciti da un regno fatato di scherzi bizzarri, giunti a noi per ricordarci che la musica la si fa per esprimere qualcosa e non per vendere dischi. Insomma, come si fa a non amarli?
Per farmeli (e farveli) conoscere Simona ha scelto una delle canzoni forse più strambe del duo, Song for a guilty sadist, seconda traccia del disco Tomorrow is nearly yesterday and everyday is stupid. La confessione di un riluttante sadico diventa, nelle mani di Simona, una storia più ampia eppure sempre in equilibrio su quel labile confine fra il dire troppo e il dire troppo poco, su quella linea che, una volta conclusa la lettura, lascia un sacco di domande in testa e la voglia di saperne di più. Potete farvi avvolgere dalla sua narrazione subito dopo il brano che l’ha ispirata, a me non resta che augurarvi buon ascolto e buona lettura.
Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).
Scarica il numero Zero della fanzine di Tremila Battute a questo link!
Passione, di Simona Lazzaro
Aveva già estratto i molari e gli incisivi, quindi si dedicò ai canini.
Sputò l’ultimo insieme a un grumo di sangue e saliva.
La trovarono così: le braccia piene di morsi freschi e cicatrici, le pinze insanguinate accanto a sé.
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Aveva fatto l’attrice in un passato non troppo remoto e per questo la notizia era rimbalzata rapida sulle pagine dei giornali locali.
Quando K. la lesse, ripensò per giorni alla luce obliqua dei pomeriggi che avevano trascorso insieme. Non disse nulla alla moglie; nascose il viso nella sciarpa che gli aveva regalato al compleanno e salì sul primo autobus.
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Erano decenni che non si incontravano, almeno due vite, ma la riconobbe da lontano; prima ancora che chiamasse il suo nome, lei si era voltata nella sua direzione.
Dopo un po’ K. le chiese perché l’avesse fatto. “Perché” gli rispose, mentre accartocciava il viso in un sorriso sdentato “a volte ho desiderato morderti.”
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