Settimana scorsa ho utilizzato un famoso meme per spiegare in parte un concetto che volevo esprimere, farò lo stesso oggi e lo faccio subito.

Quest’immagine di Steve Buscemi (che nella mia mente si confonde con un quasi sovrapponibile Steve Martin in una scena in cui per fare il giovane parla a dei ragazzi dicendo “ehi yo, che succede yo?”) rappresenta alla perfezione la sensazione di essere fuori dai tempi. Io ho quarantacinque anni e non sono rimasto bloccato ai dischi di quando ero un’adolescente, ma devo ammettere che buona parte dei miei ascolti sono influenzati dal mio percorso e che capire ciò che ascoltano l* giovani d’oggi (terminologia anch’essa anziana, contando che l* giovani non sono una singola entità e che quando ero giovane io ascoltavo ben poco di ciò che era considerato la “musica dell* giovani”) mi risulta complicato. Ho un nipote di diciotto anni e potrei farmi una cultura con lui, anche se sospetto che non ne ascolti molta, e qualche nome mi arriva da una collega con le figlie in piena adolescenza che ascoltano un sacco di trap (che pure a lei non dispiace affatto), mi sono pure sbilanciato a parlare di Lazza in tal senso ma è inutile dire che mi sento un pesce fuor d’acqua e non mi verrebbe in mente di scrivere un racconto partendo dalla canzone di un artista della scena rap/trap/hip hop odierna nostrana: dove non arrivo io arrivano però finalmente le nuove generazioni, così oggi ci troviamo a parlare di Carl Brave grazie alla quattordicenne Annie Cecchetti.
In verità è un’accoppiata scrittrice/editor quella che ha portato Annie su queste pagine, perché il mio invito a collaborare era inizialmente rivolto a suo padre Arjuna. Classe 1976, archeologo e scrittore, Arjuna nel 2021 ha pubblicato per Dalia Edizioni il romanzo Non pensarci due volte, storia del viaggio di una tredicenne attraverso l’Appennino che, oltre a essere stato segnalato dal Premio Calvino prima della sua pubblicazione, nel 2022 ha vinto anche il Premio Demetra per la narrativa ambientale all’interno di Elbabook. Con i successivi libri Tula a caccia di colori e Tula e i capelli di Madre Natura, sempre editi da Dalia e adatti a un pubblico dai sette anni in su, Arjuna conferma la sua capacità di guardare alle nuove generazioni con partecipazione e sensibilità: ne sono ulteriore conferma i suoi racconti, apparsi su Nazione Indiana (qui e qui gli altri due) e su In fuga dalla bocciofila, quest’ultimo primo capitolo di un nuovo romanzo che speriamo trovi presto un editore. Di sé aggiunge che abita in Umbria e ascolta Sinead O’ Connor, una passione che si nota bene dalla poesia Elegie dublinesi dedicata alla sua canzone Troy e che gli ha permesso di vincere la seconda edizione del concorso Note d’inchiostro, che è poi dove l’ho conosciuto: sua figlia Annie invece, che usando una figura abusatissima più del meme di cui sopra ha ancora “tutta la vita davanti”, di sé dice solo che ha quattordici anni, ascolta trap ed è un’atleta di scherma (e, aggiungiamo noi, dimostra già un certo talento per la scrittura).
È ascrivibile al genere trap la musica di Carlo Luigi Coraggio, in arte Carl Brave? Non lo so dire, ma da ascoltatore disattento delle nuove tendenze mi sembra più navigare su quella linea di confine fra un pop infarcito di tendenze anni 80 e il rap duro e puro, iniettando in questo mix la sua visione delle cose scevra perlopiù delle tendenze machiste e gangsta di gran parte della scena trap (a cui, da profano, potrei associarlo al massimo per l’uso saltuario dell’autotune). Più Coez che Sfera Ebbasta volendo fare paragoni azzardati, e come il Lazza di cui avevamo parlato mesi fa pericolosamente in bilico anche su un altro confine: quello fra la musica indipendente e la musica delle grandi major. Coraggio è uno di quelli che ha fatto il salto, tutti i suoi dischi solisti (Notti brave, 2018, Coraggio, 2020 e Migrazione, 2023) sono usciti per Universal e le collaborazioni che ha inanellato sono con nomi noti come Francesca Michielin, Fabri Fibra, Elodie e Gué Pequeno: è anche però uno che alla musica ci è arrivato con gavetta e forza di volontà, e che alla musica ha anche rischiato di non arrivarci proprio. Promettente cestista in quel di Roma, dove cresce nel settore giovanile della Fortitudo, Coraggio alterna rime e canestri fino alla stagione 2014/2015, anni in cui ha già iniziato a pubblicare musica: è del 2012 il mixtape con la Molto Peggio Crew Sempre peggio vol.1, seguito nel 2014 da Brave EP, l’esordio che non so se definire ufficioso o ufficiale. Gli anni immediatamente seguenti sono dedicati perlopiù a collaborazioni, la prima con il rapper Espanishi nel duo elettronico Wankers con cui pubblica l’EP Where’s Joe Wanker? (2015), la seconda con Franco126, membro della crew 126 e come lui all’interno del collettivo Guasconi: inizialmente i due lavorano a un disco solista di Coraggio che non uscirà mai, poi il tutto confluisce nel progetto Carl Brave x Franco126 che li porta alla sempre attenta Bomba Dischi, etichetta che è una porta girevole fra l’indie e il mainstream e che si conferma tale col duo.
Polaroid esce nel 2017 ed è un successo, vengo sfiorato anche io dalla sua notorietà grazie alle classifiche di fine anno di Rockit ma non approfondisco, non come ho fatto negli ultimi giorni perdendomi fra le rime e le note della musica di Coraggio, che subito dopo divide pacificamente le strade con Franco126 (ma non con la crew 126 in toto, viste le plurime collaborazioni con Ketama126) che porterà entrambi ad una carriera solista densa di soddisfazioni. E io, ne ho ricevute di soddisfazioni da questa immersione? Solo in parte, perché il mondo che descrive non è il mio ma non è neanche così lontano come può esserlo quello della trap infarcito di machismo, droga e successo: è più a portata di mano, denso della sua Roma e di storie d’amore finite male, malinconico a tratti, arrabbiato raramente e ironico molto spesso, che l’ironia è sempre un ottima arma per non farsi abbattere dalle sfighe della vita. Il Carl Brave che riesco ad apprezzare di più arriva da un disco (a sensazione) meno cagato, Sotto cassa (2021), più tamarro e ritmato, sei brani riproposti anche in breve versione acustica che lo vedono duettare con gente tipo M¥SS KETA e Gemitaiz che esplorano un lato di Coraggio che nei dischi resta più confinato, soprattutto nell’ultimo Migrazione: ai Rimpianti cantati con Rose Villain e Nayt preferisco l’Odio espresso con l’aiuto di Jake La Furia, anche se magari fa più brutto e non è esattamente il sentimento che mi contraddistingue.
La canzone che ha ispirato Annie è Professorè, la prima traccia di Notti brave. Fra ricordi di un amore adolescenziale e scene di vita in classe Coraggio riesce a riportarci un po’ tutt* sui banchi di scuola, trovando la giusta alchimia fra personale e generico (a proposito della sua musica e di quella di Franco126 Arjuna dice che “raggiungono una pulizia e una sorta di verità poetica molto rara nella scrittura di canzoni non solo italiana, ma anche anglosassone, ovviamente rimanendo nel contemporaneo e nel giovanile. Intendo dire che il mondo perfettamente riprodotto di questa Roma di pischelli è quasi impeccabile”): Annie a suo modo fà lo stesso, portandoci nella vita di un pischello romano che fra una rima e un kebab, un allenamento di calcio e le chiacchiere con un’amica, si ritrova a scuola proprio Carl Brave e decide di sfruttare l’occasione. Qualunque errore nel gergo romano, sul quale mi sono avventurato in un rischioso editing da piemontese trapiantato in Lombardia, è da imputarsi a me, qualunque pregio al duo dei Cecchetti che si è occupato della scrittura e del (marginale) editing: non mi resta che augurarvi buon ascolto e buona lettura.
Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero l* artist* accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).
Scarica il numero Zero, il numero Uno e il numero Due della fanzine di Tremila Battute!
Panchina, di Annie Cecchetti
La mattina arriva sempre in ritardo
passo il mio tempo pensando
latino prima ora
vorrei parlare con quella mora
ma è pariola
non è della mia zona
Carina però non centra con “Panchina”, vorrei parlà di abitudini, non vojo tirà in ballo le femmine.
La notizia arriva alla terza ora quando la prof annuncia che Carl Brave verrà a parlare a scuola. Isa è contentissima, io non ce posso crede. Torno a casa con la musica nelle cuffie, crollo in camera, la sveglia suona alle cinque, preparo il borsone e dico a mamma che so’ pronto, mamma si acchitta n’attimo e pija le chiavi della mini. Al campo saluto il mister, il mister dice ‘na cosa a mamma, lei sorride. Oggi c’è rifinitura e domenica la partita col San Lollo FC, me mette a marcare Fabio, quello è un colosso e io sto preso male. Mamma ha il turno di notte, me toccano i sofficini e Amadues che me fà un TSO, mangio zitto e bono che domani è il grande giorno, devo assolutamente presentarmi a Carletto.
La mattina prendo posto accanto a Isa e al prof de sostegno, appena entra Carl ce spiega in rima che sta a scuola pe’ parlà de educazione sessuale, ce fa il discorso e tira fori lo scatolone coi preservativi, quando me passa i durex gli dico che ho una cosa da dirgli in privato. Lui capisce e dice che il pomeriggio sta in studio a via Gallipoli, “Te aspetto piskè” e passa al prossimo. Non torno a casa, finisco le winston e me sfondo di kebab sulla metro B. Iphone al tre percento, me la faccio a tentoni per l’EUR, arrivo a ‘na palazzina tutta nova, suono il citofono, me risponde una tipa, entro, la sala è divisa in due da un vetro, da una parte il mixer, dall’altra due poltrone, Carl esce da ‘na porticina scartando un kitkat e dice “T’ho fatto venì qua perché c’hai la faccia simpatica, ma spicciate che c’ho il treno per Bologna.”
Respiro e dico “So’ venuto perché te vojo fa sentì ‘n pezzo!”
Me fa cenno de sedemme. “Allora, te farò ‘n paio de domande, poi il pezzo lo mandi a Laura che lo ascolta per me.”
Laura me sorride dalla altra parte del vetro, detto fra noi una veramente bona.
“Prima domanda, perché scrivi?”
“Scrivo perché me aiuta a capì quello che c’ho intorno.”
“Quell’altri piskelli avrebbero detto ‘na cosa tipo a zi’ io scrivo pe’ fa i soldi, bitch, cocaina cotta in cucina, powpow!”
Ridemo, poi me dice che me devo trovà un socio e che devo dà una forma a sti capelli che così paro ‘na scodella. Esco che non ce sto a capì un cazzo, pijo un fior di fragola, perdo l’atac, aspetto un’ora, quando arrivo trovo Isa sotto al portone, saliamo, mamma è in doccia, ce buttiamo sul divano poi prendo il pc, scrivo la mail, allego l’audio di “Panchina” e invio. Isa me chiede se dopo esco, le dico che sto preso male e che resto a casa, lei me manna affanculo.
La domenica è ‘na merda, la partita finisce tre a zero per San Lollo, il mister ce vole strozzà a tutti, poi, mentre sto in macchina che guardo de fori lui che ce sta a provà con mamma, arriva sto messaggio “A piské, il pezzo ce sta, ho creato una base, esercitati.”
Ti è piaciuto questo racconto/articolo? Segui la pagina Facebook di Tremila Battute!








