Dritti alla meta per la strada meno battuta: il punk fra passato e presente di Couchgagzzz e Boban

Nonostante ascolti punk da quasi trent’anni, non saprei minimamente tratteggiare una storia del genere. Comincerei dai Sex Pistols e probabilmente sbaglierei, ché di sicuro c’è stato qualcosa prima che i bene informati conoscono e di cui sanno spiegare l’evoluzione, le scissioni, gli stili, e non immaginatevi questi bene informati in giacca e cravatta ma come qualcuno che verrà a pogare con voi (magari in giacca e cravatta). Io sono cresciuto con l’hardcore melodico, andando a ritroso dai Green Day ai NOFX e anche a gruppi meno noti (in Italia almeno), e con quella corrente non ben definita che veniva catalogata come “flower punk”, realtà mutevole e vagamente disimpegnata che tiene insieme band come Punkreas, Derozer, Pornoriviste… L’elenco è sterminato, e tante di quelle band sono ancora attive senza mai essere state ampiamente rilevanti a livello nazionale, nel senso che penso che nessuno di loro campi di musica (ricordo che uno se non entrambi i fratelli Carruozzo dei Persiana Jones lavorava alle poste, e doveva prendere ferie per andare in tour). Non ho mai scavato seriamente più indietro di quel periodo fra fine anni 80 e inizi anni 2000, e pure dopo non è che sia migliorato sto granché come esploratore visto che mi sono accorto dell’enorme scena emocore nostrana con anni di ritardo. Sarà che sono innamorato di troppi generi per seguirne bene uno solo, sarà che probabilmente non potrò mai ritenermi esperto di niente per quel che riguarda la musica: qualunque sia la motivazione ho sempre la sindrome dell’impostore se devo parlare di qualcosa che mi ricorda il passato del punk, perché ho solo una sensazione e pochi riferimenti confusi a supportare la mia tesi.

Oggi, però, è il giorno in cui provo a spiegare perché i baresi Couchgagzzz e i milanesi Boban mi sembrano prendere spunto da cose che nel punk sono già state fatte, senza la pretesa di innovare ma riuscendo a gestire quelle influenze in maniera personale e meno ovvia di quanto si possa pensare. Sotto coi primi allora, e speriamo in bene.

I duri del Road House

Prendo spunto totalmente a sproposito dal recente remake de Il duro del Road House per introdurre i Couchgagzzz, poker di musicisti baresi (JJ batteria e voce, BB basso e voce, Garko chitarra e voce e Snafu synth e voce) che si definiscono “ossessionati da steroidi e sport”, passioni che hanno cercato di trasformare in musica attraverso quello che loro definiscono un incrocio di “budget rock dopato” e “synth punk”, debitore della scena rock’n’roll australiana (che non fingerò nemmeno di conoscere). Con questa descrizione io mi aspettavo qualcosa di derivativo e stortuccio tipo i Viagra Boys (foss’anche solo perché hanno fatto una canzone che si chiama Sports), ma le cose non stanno proprio così.

GOSPORTS!!!, pubblicato l’8 marzo dall’etichetta Ciqala Records, finge di tirarti dentro con l’entusiasmo di chi vuole bersene un paio prima di andare sugli spalti a tifare per il Manchester United (squadra per cui professano una fede smisurata, inneggiandola nei ritornelli dell’iniziale United), solo che sbaglia locale dove andare a bere e il paio diventa almeno quattro o cinque. I Couchgazzz ti trasportano dentro un locale dall’atmosfera ignorante con la band punkabilly sul palco e il pubblico che lancia birre in bottiglia contro la rete protettiva, ti aspetti vadano giù dritti come quella birra ma chissà perché a te l’hanno data nel boccale e solo al primo sorso ti accorgi di aver ordinato per sbaglio un palombaro e – hey! – che cazzo c’è dentro quel bicchierino, il veleno? Vanno giù in tutt’altra maniera, veloci ma sguscianti, sterzano spesso e volentieri e lo fanno donandoti sempre la voglia di saltare.

Mentre JJ alla batteria suona come se la sua vita dipendesse da quanto riesce a pestare cassa e rullante nella maniera più dritta e potente possibile gli strumenti e la voce gli saltano in groppa e improvvisano un garage punk lisergico e ironico, creano un mondo strambo in cui anche i Digimon rientrano nell’alveo dello sport e in cui gli steroidi ti portano a pogare forte e veloce nei ritornelli hardcore di Burak won ma ti lasciano anche degli strani effetti collaterali, tipo portarti in territori più psichedelici con semplici ed efficaci assoli riverberati di chitarra come quello della title track. Si sente in tutte le otto tracce del disco che ai Couchgagzzz piace un sacco divertirsi e far divertire, anche quando iniziano più compatti e marziali come in The wheel at the finish line finiscono per piazzarti ritornelli che non vedi l’ora di cantare ubriaco sotto il palco: il pregio è che riescono a farlo in una maniera molto meno immediata di quanto ci si aspetterebbe a un ascolto distratto, complicando e giocando ad allargare lo spettro pur non diminuendo mai il tiro.

Nel loro caso sono i suoni a darmi un sentore di passato, riverberi ovunque che ovattato il giusto senza sminuire l’impatto. Forse potevano osare di più col synth per dare particolarità alla miscela, ma lo strumento resta seppellito sotto gli altri (si percepisce più chiaramente in alcuni punti di Bad holes) e fa sbiadire l’etichetta “synth punk” autoaffibbiata. Non per forza un male visto che la ricetta funziona e coinvolge comunque: li vedrei bene in apertura ad un festival come il Bay Fest di Bellaria, farebbero saltare un sacco di gente.

Punk e cantautorato

Sarebbe troppo facile ridurre le influenze sonore alla base di  Quater dei Boban citando i CCCP, ma è innegabile che il mix immaginifico e musicale della band di Ferretti e soci abbia avuto il suo impatto sul duo milanese, giunto al secondo disco dopo anni di silenzio (l’esordio .fm, autoprodotto al pari di questo, è datato 2015). Lo ammettono loro stessi nella bio su Bandcamp, e come se non bastasse lo urla Christian Bobo Boniardi (voce e polistrumentista della band, che si alterna a quadi tutti gli strumenti con il sodale Ringo) in Voglio ascoltare i CCCP, palesando una fratellanza ideale che non sfocia però nello scimmiottamento: i Boban hanno infatti altre frecce al proprio arco, e le otto tracce di Quater riescono a sfoderarne parecchie.

Il cantautorato innanzitutto, quello di Jannacci per propria ammissione (ulteriore legame con la milanesità, già esplicitato nel titolo in dialetto) e quello di De André, apertamente citato attraverso “l’operaio di Fabrizio con la bomba nella testa” di Il karma non pensa, uno dei brani migliori del lotto. C’è poi il post-punk nervoso di Milano Lagos, dove la chitarra ruzzola in un assolo sporco che apre a un inaspettato finale noise, efficace mix di generi che riesce molto meno a Plotoni, che nel tentativo di unire un cantautorato elettroacustico che sta a metà strada fra i Moostroo e gli Alice In Chains e un finale arpeggiato non trova metodo migliore che operare uno stacco netto, peccato veniale ma evidente perché, vista la durata del brano, ci sarebbe stato il tempo per architettare meglio la transizione.

Se nei Couchgagzzz vince la voglia di divertirsi senza pensieri nei Boban prevale il desiderio di rappresentare uno spaccato di realtà, non per forza politico ma comunque ancorato al sociale. Testi autobiografici narrati da un Boniardi che nell’iniziale Manchester si autodefinisce un vecchio punk, meno efficace quando si mette al centro del capannello con la chitarra acustica a ricordare i fasti di Van Basten e Zidane (la conclusiva Zizou) di quanto non lo sia mentre inveisce in Joker 74 con basso, chitarra e batteria a stargli dietro dritt* e incazzat*. Il meglio i Boban lo danno però unendo le due anime, sia quando il risultato è (apparentemente) più soft in Il karma non pensa che quando spingono un po’ di più come in Agosto (canzone in cui, al pari di Voglio ascoltare i CCCP e Plotoni, è ospite alla batteria Michele Mazzon). Registrato da Luca Ciffo della Fuzz Orchestra (di cui vi esorto ad ascoltare l’ultimo progetto, la superband Traum), Quater è un disco piacevolmente urticante, non pienamente centrato in tutte le sue anime ma capace di trasmettere le emozioni di un passato che può essere ancora presente.

Sono riuscito a dire quel che volevo dire? Non lo so, intanto però sono riuscito a mettere insieme due album che, unendo le canzoni iniziali, fanno proprio il nome del Manchester United idolatrato dai Couchgagzzz: peccato che io tifo il Werder Brema

Ti è piaciuto questo racconto/articolo? Segui la pagina Facebook di Tremila Battute!

Scarica il numero Zero e il numero Uno della fanzine di Tremila Battute!

Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora