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Racconto in musica 21: Le parole giuste (Pollio – Il figlio malpensante)

Ci sono due modi principalmente in cui sono venuto a conoscenza delle band e degli artisti che occupano queste pagine, recensendo loro dischi o vedendoli dal vivo. Nel caso di Pollio l’incontro è avvenuto tramite il file che conteneva i brani del secondo album degli Io? Drama, Da consumarsi entro la fine, di cui quest’anno si festeggia il decennale. Mi innamorai di quell’album, a cui diedi il massimo dei voti in una recensione ormai persa nel grande vortice dove finiscono i contenuti dei siti di cui non è stato rinnovato il dominio, ma ci misi molto tempo prima di riuscire a vedere dal vivo la band e a fare mia una copia fisica del disco (se potete comprare dischi dal banchetto del gruppo, perché farlo su Amazon?). Qualche tempo dopo con l’associazione novarese Asap riuscimmo a organizzare un suo concerto solista, nel periodo di mezzo in cui gli Io? Drama non erano ancora in pausa e doveva ancora arrivare il primo album solista di Fabrizio, Humus: gli feci una bellissima intervista quella sera, ovviamente grazie alle sue risposte che mi misero di fronte a un artista che crede nel suo lavoro e in ciò che scrive, e vi invito a leggervela tutta a questo link.

Humus si diceva, un album arrivato alla fine del 2016 dopo tre dischi (Nient’altro che madrigali nel 2007, Da consumarsi entro la fine nel 2010 e Non resta che perdersi nel 2014) e due Ep (Viscerale nel 2005 e Mortepolitana nel 2012) come voce degli Io? Drama, svariati tributi a artisti come De Andrè, Battiato, Battisti e Radiohead e la collaborazione coi Rezophonic. Ad accompagnarlo nel progetto, così come dal vivo, c’è il chitarrista Giuseppe Magnelli, entrato nella formazione degli Io? Drama con l’ultimo disco e da allora suo fido sodale alla chitarra elettrica. Humus, uscito per Maciste Dischi, è un disco musicalmente vario, capace di avvolgere con atmosfere intime e di graffiare, di unire pop e rock creando qualcosa di personale e non banale o annacquato, condito inoltre da testi degni del miglior cantautorato: non a caso si è accorta del suo talento anche la giuria del concorso Musicultura, vinto nel 2018.

Il figlio malpensante è la sesta traccia dell’album, una canzone che ha subito calamitato la mia attenzione quando ho pensato di creare un racconto partendo da un testo di Fabrizio. L’immagine che mi si è stampata in testa è stata quella di un funerale, non perché la canzone sia triste ma perché parla in maniera originale di rapporti famigliari, e non c’è nulla come il momento dell’estremo addio a un parente per innescare riflessioni, confronti e prese di coscienza. Contando che la musica dal vivo è ricominciata vale la pena che facciate un salto qui per godervi un suo concerto, come ho fatto io in settimana nella splendida cornice di Villa Tittoni a Desio: nel frattempo qui sotto trovate il link al brano e più in basso il mio tentativo di rendergli giustizia con le parole. Buon ascolto, e buona lettura.

Novità! Se volete ascoltare questo e tutti gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti, questo è l’unico dove sono riuscito a trovare tutte le canzoni).

Le giuste parole

Papà è morto e io non sento niente.

Sono seduto fra mamma e una zia lontana che avrò visto due volte in vita mia, cerco di concentrarmi su una delle svariate lettere scritte da San Paolo ai romani ma il pianto della fidanzata di mio fratello continua a distrarmi. Mi fa sentire in colpa, dovrei essere io quello che soffre, avere perlomeno lo sguardo trasfigurato come quello di mamma, che ormai le lacrime le ha esaurite da un pezzo.

La fidanzata di mio fratello emette un gemito. Aveva già gli occhi annacquati ancora prima che iniziasse la cerimonia, quando stava al suo fianco mentre lui con posa impeccabile ringraziava per le condoglianze, abbracciava i convenuti, mostrava afflizione mista a decoro.

Passavano prima da lui, parenti e amici. Io ero la seconda scelta, obbligata, se non altro per questioni di etichetta. Sapevano tutti che io e papà non andavamo d’accordo.

Quando il prete si avvicina con l’incensiere alla bara ci alziamo in piedi, con mamma che si appoggia stancamente al mio braccio. Sono sicuro che devo a lei se sono stato incluso nel testamento, ma se non si affida alla fidanzata di mio fratello è solo perché teme che scomparirà in fretta come le altre.

L’unica cosa che può rimproverare al suo secondo figlio, quello che la rende davvero orgogliosa, è di non averle ancora dato un nipotino.

I portantini arrivano a prendere la bara. Avevo proposto di farlo fare a qualche amico di papà, ma mio fratello ha detto che era uno sforzo troppo grande per degli anziani. È stato il mio unico contributo all’organizzazione, e non è servito a niente. Si è occupato di tutto lui, dalle questioni burocratiche al contattare i parenti, e lo ha fatto sicuramente meglio di come lo avrei fatto io.

Non posso dire che lo odio, ma di sicuro non lo amo. È più giovane di me di due anni, ma sembra aver capito della vita qualcosa che io ancora oggi ignoro. Emana sicurezza, calamita con naturalezza il corpo di mamma dal mio braccio al suo mentre seguiamo la bara lungo la navata e io, ancora con gli occhi asciutti, per non sentirmi meschino nel recriminare questo gesto penso ancora una volta a quanto sono false la sua posa, i suoi traguardi esposti come trofei, i suoi sorrisi perfetti. Ho basato la mia vita su un solo punto cardine: non essere mai come lui.

Potrei aver sbagliato tutto. Me ne accorgo all’improvviso sul sagrato della chiesa, mentre caricano il corpo di papà sul carro funebre, e mi ritrovo impreparato con le sue braccia strette attorno, le sue lacrime sul collo. Con voce rotta dall’emozione mi dice Oh Dio, è così dura, io non so cosa fare.

Forse ora uscirà qualche lacrima anche a me. Ora che so che anche mio fratello ha dei sentimenti reali posso lasciarmi andare, provare qualcosa. Invece continuo a pensare che se lui non è la persona orribile che ho dipinto nella mia testa, io che cosa ho fatto della mia vita? Rimango muto, col carro funebre che si avvia, a cercare parole per me, per lui, ma quelle continuano a non arrivare.

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Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

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