Racconto in musica 143: Errore di sistema (MasCara – Glitch)

Non so se lo ricordate (dipende probabilmente dall’età che avete) ma qualche anno fa era esplosa la moda dei Secret Concert. Per quel che ricordo in Italia la lanciarono i Marta Sui Tubi, che ci fecero un’intero tour passando di casa in casa da nord a sud (io li vidi a Garbagnate Milanese, e vi agevolo un contributo di quella serata), poi la cosa si estese a macchia d’olio e iniziarono ad organizzarne privati e associazioni. Fu proprio in quel periodo che entrai in contatto, anche se per altri motivi (toh, un concorso letterario che associava racconti a canzoni: dove l’ho già sentita questa cosa?), con l’associazione Asap – As Simple As Passion, tramite la quale trasformai varie volte il salotto di casa mia in una sala concerti. Purtroppo le mode vanno e vengono, l’attenzione del pubblico finisce per scemare e a Milano non ho lo spazio in casa per smontare la sala e stiparla in camera da letto (e ci staremmo anche in meno, altro che i trenta pressati a vedere MusicaPerBambini), ma nel 2014 ricordo che eravamo una delle CINQUE realtà che organizzavano concerti casalinghi et similia a NOVARA, città dove per la pelle del culo esiste un circolo Arci (ma, per dare a Cesare quel che è di Cesare, organizzano importanti festval Jazz e Gospel). Proprio a uno degli eventi della “concorrenza” (sì, c’era della competizione, e non sempre sana) riuscii a fare due chiacchiere con una band che seguivo già da tempo, una di quelle cose divertenti che non faccio da un sacco di tempo (ma in questo caso mai dire mai): si trattava dei MasCara, e oggi sono loro la resident band.

Se c’è una cosa che va riconosciuta a Lucantonio Fusaro (voce e chitarra), Claudio Piperissa (chitarra), Marco Piscitello (basso), Nicholas Negri (batteria) e Simone Scardoni (piano, synth e violoncello) è di essere riusciti a partire da un genere ed averlo rinnovato e innovato sempre più. Quel genere è la new wave, non esattamente nativa di Vergiate nel varesotto diciamo, ma è qui che dal 2007 la band inizia a sperimentare e ibridare le proprie influenze. Ci mettono un paio d’anni per arrivare all’esordio, e il loro primo Ep autoprodotto L’amore e la filosofia li fotografa già come una realtà consapevole dei propri mezzi: saranno gli arrangiamenti ariosi di brani come l’iniziale Il gesto di Ettore, sarà la voce di Fusaro che si impone all’ascoltatore con personalità ed ecletticità, sarà quel che sarà ma i primi sei brani dei MasCara mi capitano in mano chissà in quale maniera e io me li gusto con piacere, anche se capisco fin da subito che il bello può e deve ancora venire. Che il potenziale ci sia lo riconosce anche l’etichetta Eclectic Circus (guarda un po’, la stessa dei primi dischi dei Marta Sui Tubi!), che li mette sotto contratto e produce nel 2012 Tutti usciamo di casa, il primo di una serie di concept album: in questo caso i testi di Fusaro si concentrano sulla crescita, l’emancipazione che ognuno di noi deve affrontare, alternando la morbidezza di brani come I gironi di Urano contro alla corsa a perdifiato di La stanza, dimostrando di aver aumentato le frecce nella propria panoplia musicale e di sapere dove scagliarle, aiutati anche dal lavoro di Matteo Cantaluppi che, dopo aver lavorato con loro al primo Ep e al primo disco, rimane al loro fianco anche quando, per divergenze artistiche, la band torna all’autoproduzione.

La consapevolezza di una band la si riconosce dalle strade che decide di percorrere anche se il buonsenso (o l’opportunismo) direbbero tutto il contrario: con distribuzione Universal in atto e un’etichetta che spinge per valorizzare i lati pop del loro sound i MasCara decidono di fare da sé (come spiegano, fra le altre cose, nell’intervista di cui parlavo in alto), perché col disco nuovo l’intenzione è di andare da un’altra parte. Lupi (2014) lo dimostra bene, perché il suono della band acquisisce nuove sfumature, si fa più aggressivo ma senza sacrificare la fantasia degli arrangiamenti: è un piccolo miracolo di concretezza e fantasia, capace di creare anche un nuovo immaginario che si apre all’ibridazione fra umanità e tecnologia, un futuro in cui andremo a pregare in Cattedrali al neon. I MasCara vanno per la loro strada, sperimentano sia col sonoro che con l’immagine (i loro video sono tutti dei piccoli gioielli) e non si fanno problemi di tempo se devono ottenere quello che vogliono ottenere: ecco perché ci vogliono ben sei anni per rivederli alla ribalta, un percorso che li porta ancora più nel futuro ad esplorare quel discorso di ibridazione cominciato con Lupi. Questo è un uomo, questo è un palazzo è il risultato, esce nel settembre 2020 per RcWaves e, lo ammetto, sulle prime mi ha lasciato spiazzato: la posta in gioco si alza ancora, i brani sono meno immediati e ci ho messo parecchi ascolti per digerirlo, capirlo e rendermi conto che sì, anche in questo caso i MasCara hanno fatto la scelta giusta. Basterebbe il modo in cui nell’iniziale Scorpioni una voce modificata e la tastiera avanzano placide per poi lasciare spazio a una rincorsa guidata dal sax e conclusa dalla batteria ed un coro di voci ad affascinare, ma per entrare in questo mondo fatto di Carne e pixel bisogna lasciarsi andare, lasciarsi avvolgere dall’armonia rotta dalle urla di Fusaro nel ritornello di 22+1, vibrare al ritmo della batteria spezzettata di Heavy soul, entrare nelle atmosfere vagamente R&B di Domino. Inutile dire quanto era difficile fare musica nel 2020 e oltre, quanto sia stato difficile portarla in giro: i MasCara non li vedo da un bel po’ di tempo su un palco (in compenso li ho scoperti come produttori del disco dei mitici Lo Stadio Animale, che vorrei costringervi fisicamente ad andare a cercare), ma spero di recuperare presto.

Il racconto di questa settimana non è inedito, ma è uscito anzi sulla rivista Cedro.Mag: quando ho ascoltato Glitch, sesta traccia di Questo è un uomo, questo è un palazzo, non ho però potuto non fare un parallelo con la storia che avevo creato, ispirato in particolare dalla frase “il nostro amore è soltanto una serie di errori, una sorta di glitch”. Qual è l’Errore di sistema alla base della storia ve lo lascio scoprire da soli, a me non resta che augurarvi buona ascolto e buona lettura.

Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).

Scarica il numero Zero della fanzine di Tremila Battute a questo link!

Errore di sistema

La prima volta che incontrai l’amore non lo riconobbi. Guidavo a velocità folle un’auto rubata, inseguito dalla polizia, quando sentii una sorta di paralisi, una sensazione mai provata prima. Nemmeno mi resi conto di averla vista, pochi istanti e tutto finì: una macchina mi tagliò la strada, mi schiantai contro un muro e fu tutto buio.

Quando la incontrai la seconda volta seppi subito che era lei. Mi trovavo in una via affollata del centro, circondato dalle urla e da persone che fuggivano, e mentre alzavo la pistola per rispondere al fuoco degli assalitori mi immobilizzai col braccio alzato. Anche lei stava fuggendo, col suo casco di ricci biondi perfettamente in ordine anche nel terrore: provai vergogna per quello che stavo facendo, per la mia vita basata su istinti moralmente deprecabili, e il proiettile che mi trapassò il cranio lo accolsi come una giusta punizione.

Provai a incontrarla di nuovo, esplorando la città palmo a palmo, ansioso di trovarla. Come mi ero sentito spinto da una forza superiore a commettere ogni sorta di crimine adesso era l’amore a muovermi, ma con esso arrivò la delusione. Quando la trovai non mi riconobbe, né io riuscii a parlarle: mi si bloccarono le parole in gola. Rimasi a fissarla mentre proseguiva il cammino, con le stelle in cielo che facevano risplendere il suo tailleur bianco.

Non so quante volte tornai a cercarla. La vidi all’osservatorio in cima alla collina, sulla camminata che circondava la spiaggia, la incontrai di notte e di giorno e una sola volta al tramonto, in un bar affacciato sull’oceano, col sole calante che si divertiva a creare ombre sulla sua pelle abbronzata. Provai una frustrazione sempre più grande, maggiore di quella che mi coglieva quando una rapina perfettamente architettata andava a rotoli proprio all’ultimo momento. Io, l’uomo da cui dipendevano i destini di tutti gli abitanti della città, paralizzato dagli occhi blu di una donna.

Non fece mai cenno di notarmi, persa nelle sue inutili azioni quotidiane, e alla fine mi stancai di lei. Tornai alla mia vecchia vita, insensibile al dolore altrui, col cuore di nuovo immune da sentimentalismi inutili. Come ogni altra ferita si rimarginano anche quelle d’amore: quando la incontro per la strada passo oltre, non cerco nemmeno la vendetta.

Mi convinco che non è stato niente di nuovo, niente di diverso da quando mi bloccai, in seguito, di fronte a una berlina blu, alla casa del mio trafficante d’armi, alla barca con cui avrei dovuto assaltare quella nave al largo. È stato un test, solo più piacevole, perché è meglio perdere il controllo di fronte a una bella donna piuttosto che davanti a una mitragliatrice. Ma la ripetizione alla fine ti rende insensibile a ogni cosa, e in fondo il controllo, nella mia vita, io non l’ho mai avuto.

Presto sarò completo. Farò tutto ciò che devo, senza tentennamenti. La contemplazione non è nella mia natura, sono stato creato per l’azione: il nostro amore era solo un errore di programmazione, ed ora è stato sistemato.

Ti è piaciuto questo racconto/articolo? Segui la pagina Facebook di Tremila Battute!

Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora