Racconto in musica 175: L’ultimo addio (And The Bear – Last goodnight)

Mi è capitato spesso di iniziare delle nuove avventure senza quasi rendermene conto. Nel lontano 2014 (era il 2014?) partecipai a un concorso letterario e di lì a meno di un anno finii per far parte dell’associazione Asap – As Simple As Passion che lo organizzava e a ritrovarmi, per qualche anno, a smontare il salotto di casa mia per far spazio a piccoli concerti (fra cui quello di Musicaperbambini, come ho raccontato anche qui); a febbraio 2020 decisi che valeva la pena impegnare del tempo in un blog/aspirante rivista letteraria basato su racconti ispirati a canzoni del panorama musicale indipendente e vabbè, se state leggendo queste righe avete già capito dove sto andando a parare; pochi mesi dopo, curiosando online, scopro l’esistenza di un sito che ritengo molto affine a Tremila Battute e intervisto il suo creatore, ritrovandomi di lì a poco a collaborare con lui e ad entrare nella grande famiglia di Read And Play, di cui faccio parte ancora oggi. Proprio Read And Play è la causa scatenante dello sproloquio amarcord sopra esposto, perché a donare un racconto alla causa della musica bella che fa la fame oggi è Davide Morresi, ovvero colui che mi ha accolto in quella grande famiglia e che oggi ci introduce alla musica di And The Bear.

Davide è una di quelle persone che se stai a guardare tutte le cose che fa ti chiedi com’è possibile che le sue giornate siano composte da sole ventiquattro ore. Classe 1978, psicologo di formazione, nella vita si divide fra il suo lavoro nelle risorse umane e lo sviluppo di progetti culturali, musicali e letterari. La scintilla che ci ha fatto conoscere è stata questo suo racconto apparso sulla vegetante rivista Split di Pidgin Edizioni, uno dei tanti che Davide ha sparso qua e là (leggetevi en passant questo, uscito su Il Loggione Letterario) prima di passare anche dall’altra parte della barricata e curare antologie per Arcana Edizioni (Live! Racconti di vita e concerti) e Le Mezzelane Casa Editrice (Note d’inchiostro, nata dall’omonimo concorso co-organizzato con Read And Play). Instancabile divulgatore di cose belle inerenti la musica e la letteratura, Davide è anche autore radiofonico, di podcast (qui la pagina in cui potete trovarli) e di narrazioni musicali, oltre che organizzatore di eventi e rassegne musicali/teatrali/letterarie (l’anno scorso insieme agli impagabili Bagni Elsa N°5 ci ha ospitati a parlare di musica indipendente e calcio). Fra le mille cose in cui è coinvolto ci fa piacere segnalarvi, anche per le comuni radici musicali, Alive – Storia del grunge, un recital teatrale su quella che lui stesso definisce nella presentazione “l’ultima rivoluzione rock”.

Da un marchigiano DOC come Davide a un marchigiano d’adozione come Alexandre Manuel, musicista francese che fin dal 1998 è di stanza nel nostro paese. Polistrumentista attivo negli anni in svariate formazioni musicali fra art rock, shoegaze e indietronica (Hourplug, Am I Right, The Quite Collective), dal 2016 Manuel ha associato la sua musica al cinema collaborando col regista Jonathan Soverchia in veri e propri cine-concerti, musicando dal vivo i corti di quest’ultimo Poco prima del caffè (2016) e Irene (2017). Il moniker And The Bear nasce invece nel 2018, un progetto musicale che non abbandona la componente visuale (ad opera del visual artist Marco Di Battista) e che si compone di elementi digitali ed elettronici uniti all’essenza più scarna data da chitarra e voce. Per ascoltare la prima canzone, Quiet bodies, bisogna attendere il 2019, ma l’attesa è ripagata da un brano che si infila nel solco di band come i Sigur Rós e che, da tradizione ormai consolidata di commistione musical-cinematografica, è associata a un lavoro della regista Federica Biondi.

And The Bear comincia a macinare i primi live ma Manuel non si concentra solo sulla carriera solista. Con il fratello Grégoire scrive la sceneggiatura del corto The guide swap (di cui compone anche la musica) con cui i due vincono il Festival Cineconcerto 2018, con la compagnia Teatrique (in cui è compositore e attore) mette in scena lo spettacolo teatrale Motori di carta, poi vira verso la videodanza in collaborazione con la compagnia Motus Project e ottiene riconoscimenti nazionali e internazionali: con l’opera Fraintendimenti vince il Premio del Pubblico al Cinematica Festival di Ancona ed è finalista al Fifth Wall Fest nelle Filippine, partecipando a varie altre selezioni fra Germania, Canada e Stati Uniti. Nel 2020 come And The Bear vince la quattordicesima edizione dell’Homeless Fest di Macerata e, giusto per non farsi mancare niente, compone le musiche per uno spot del marchio di cosmetici londinese The wild togheter, poi decide finalmente di chiudersi in uno studio di registrazione (il Maui Garage Studio di Maurizio Sellani) per fissare su disco alcune delle composizioni che stavo già portando live. È da lì che prende forma This is the darkness I used to tape (2021, Valvolare Records), un disco in cui Manuel spazia dall’elettronica al folk, attingendo da tutta la strumentazione accumulata negli anni. Il primo album di And The Bear è vario e suggestivo, unisce il ritmo sincopato di Are you in time out there e Lost beleviers alle atmosfere minimali e riflessive di Misunderstandings, il gusto fra il post punk e i Depeche Mode di Broken words e della title track con quello più affine al folk di Fray of stone, unendo al mix musicale testi che parlano della paura nel senso più ampio possibile: “il buio che si sceglie di non guardare, l’incapacità di appropriarsi del proprio respiro, la scelta della violenza e della prepotenza sono tutti demoni che cerco di svelare con le mie parole”, per utilizzare la sua stessa presentazione sulla pagina Bandcamp.

Last goodnight è la canzone che chiude il disco con leggerezza e malinconia, un brano in cui, coadiuvato dalla voce di Elisa C., con pochi elementi riesce a tratteggiare il bisogno universale di amore che soggiace in tutt* noi. Davide ha reso un po’ più plumbea l’atmosfera della canzone, rendendo il “goodnight” un “goodbye” che la coppia protagonista del suo racconto cerca di dire definitivamente, dialogando insieme sui modi di lasciarsi alle spalle insieme una vita che sta stretta a entramb*. Potete trovare le loro riflessioni più in basso, subito dopo il brano che le ha ispirate: a me non resta che augurarvi buon ascolto e buona lettura.

Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).

Scarica il numero Zero e il numero Uno della fanzine di Tremila Battute!

L’ultimo addio, di Davide Morresi

Un lampo illuminò la stanza. Da otto piani più in basso il rumore di marmitte li raggiungeva attutito, abbastanza da non disturbare la musica.

Lei raggiunse la finestra e, nel momento preciso in cui girò la maniglia, arrivò il tuono. Il boato oltrepassò i doppi vetri, lei tornò veloce tra le braccia di lui. Faceva caldo, ma l’idea della pioggia le fece venire un brivido. Lui la strinse a sé e tirò su il lenzuolo.

“Voglio andarmene”.

“Lo so”.

Il vetro iniziò a graffiarsi di acqua.

“Non è qui il mio posto”.

“Nemmeno il mio”.

Un altro bagliore. Si girarono verso la finestra, quasi simultaneamente. Il tuono stavolta arrivò presto e fece tintinnare i vetri. I graffi diventarono rivoli che scendevano come in un percorso a ostacoli.

“Come ci siamo finiti qui?”.

“Era quanto potevamo permetterci”.

“Intendo qui, in questa città”.

“È lo stesso”.

La fiamma della candela tremò.

Lui si voltò a guardarla in viso.

“Dove vorresti essere?”.

“Ovunque, tranne che qui”.

“Ci andremo”.

“Diremo addio a questa città”.

“Diremo addio a tutti”.

“E con che soldi?”.

“L’addio è gratis”.

“Quello che viene dopo l’addio però no”.

“Un passo alla volta”.

“Di addii ne abbiamo già detti molti”.

“Ma erano addii di prova”.

“Esiste l’addio di prova?”

“Esistono tanti tipi di addii”.

“Quali?”

“Esistono gli addii veri e quelli falsi”.

“Come ogni cosa a questo mondo”.

“Esistono gli addii sussurrati, che non li sente nessuno e allora fanno fatica a farsi notare. Ed esistono quelli urlati, esagerati, magari esplosi in un momento di rabbia, che poi uno ci ripensa e fa finta di non averli detti”.

“E poi?”

“Poi ci sono gli addii premeditati. Quelli sono pericolosi, perché uno non dice nulla e ragiona, ragiona, e se non passa all’addio agito poi succede un casino, perché certi addii rischiano di logorarti dentro”.

“E se invece l’addio premeditato diventa addio agito?”

“Allora tutto ok”.

“Ah”.

“Ce ne sono tanti di addii. Sono infiniti gli addii”.

“I nostri erano di prova”.

“Esatto. Ora siamo pronti per passare all’addio che viene dopo”.

“Cosa viene dopo?”

“Dipende…”

“Da cosa?”

“Se gli addii di prova sono stati abbastanza o no”.

“Basta addii di prova”.

“Allora andiamocene”.

“Dove?”

“Ovunque tranne che qui”.

“E come facciamo?”.

“Diciamo l’ultimo addio”.

“E come facciamo a sapere che è l’ultimo?”.

“Non puoi saperlo. Lo sai solo dopo averlo detto. Quando lo dici non sai nemmeno che tipo di addio è. Magari tu pensi che sia un addio di prova e invece è l’ultimo. Oppure il contrario: credi di dire l’ultimo addio e invece ti rendi conto che era solo un altro addio di prova”.

“E allora?”

“Allora cosa…”

“Allora siamo sempre qui”.

“Sì, ma il prossimo sarà l’ultimo addio. Vuoi?”

“Sì”.

“Il prossimo sarà l’ultimo addio”.

“Il prossimo sarà l’ultimo addio”.

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Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

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