Racconto in musica 154: Prima e ultima volta (Pornoriviste – L’Ale vive nei boschi)

Eh come cambiano le cose con gli anni. Di solito questa frase, con la quale già potrei vincere il Premio Originalità per il 2023, si conclude con la chiosa che le cose cambiano in peggio, ma io sono fedele a ciò che affermava in uno dei suoi aneddoti Yamamoto Tsunetomo, samurai riciclatosi a forza monaco e autore dell’Hagakure (meglio conosciuto come il codice dei samurai giapponesi) per interposta persona (lo scrisse un suo discepolo, raccogliendo gli insegnamenti che gli aveva tramandato e che Tsunetomo si era raccomandato venissero bruciati alla sua morte: grazie della disobbedienza, discepolo senza nome): “Non può, in effetti, essere sempre primavera o estate, e ugualmente non può essere sempre giorno; quindi, se anche desiderassimo riportare il mondo allo spirito del secolo trascorso, ciò non sarebbe possibile. È importante trarre il meglio da ogni generazione”.

Prendiamo la sicurezza ai concerti. Non dico che non esistano anche oggi situazioni al limite, ma non mi è mai capitato di vedere un palco più pericoloso di quello della Festa della birra a Travedona Monate, nel varesotto, a inizi anni duemila. Immaginate una discesa piuttosto ripida, piazzate in fondo a quella discesa un palco con poco spazio in piano davanti, piazzate in cartellone uno dei gruppi punk più importanti della zona e aggiungete, dulcis in fundo, dei tubi di metallo che sporgono dal suddetto palco: mi ci sono spaccato un orologio contro uno di quei tubi, e mi chiedo ancora oggi come sia possibile che non ci sia morto qualcuno contro nella frenesia del pogo. Oggi probabilmente sarebbe tutto diverso, quel palco dovrebbe sottostare a crismi che ne limitino la pericolosità per ottenere il beneplacito comunale e noi giovani punk potremmo concentrarci sullo spaccarci le ossa solo fra di noi… Ma l’unica cosa che è cambiata di sicuro è che della Festa della birra di Travedona non sento parlare da anni, e una ricerca veloce su internet mi restituisce due eventi, uno con cover e tribute band e l’altro con dj set anni 70/80/90 invece che con le Pornoriviste. Cosa stavo dicendo sul fatto che bisogna trarre il meglio da ogni generazione?

Eh sì, questa settimana vi tocca un amarcord bello grosso, e il merito di tutto questo è di Iacopo Innocenti. Classe 1983, nativo di Pistoia e lì residente da sempre (con brevi fughe), Iacopo ad un concerto delle Pornoriviste non ci è mai stato ma questo non gli ha impedito di sviluppare una dipendenza dal punk che dai diciassette anni dura ancora oggi, nonostante tutta la gente che gli diceva “sarà solo una fase”. Amante di tutto ciò che è accessibile, spontaneo e inaspettato, di lavoro fa l’impiegato e per divertimento racconta storie, come quelle dei due romanzi che ha pubblicato: Quarto di secolo (2010, Società Editrice Fiorentina) e Era destino (2021, Porto Seguro). Ha collaborato anni fa con la rivista Erba Magazine, scrivendo principalmente di musica e cinema, ma di racconti non ne aveva ancora pubblicati prima di oggi: augurandogli lo stesso successo di un altro scrittore che su Tremila Battute (per motivi fortuiti) ha pubblicato il suo primo racconto online gli diamo il benvenuto, sicuri che, contrariamente al titolo del suo racconto, questa sarà la prima ma non l’ultima volta che lo vedremo da queste parti.

Scriveva di musica Iacopo, e ha deciso di farlo anche per noi: gli lasciamo quindi lo spazio per presentare a modo suo la band capofila del sexy punk from Olona Valley, su cui io finirei per sbrodolare con aneddoti su aneddoti che manco Tsunetomo, come quella volta che il Tommy si mangiò il pollo (qualcuno capirà).

“Tra la fine degli anni Novanta e i primi del Duemila, pochi anni dopo lo tsunami pop punk californiano che travolse il mondo musicale e sconvolse le classifiche, l’Italia assistette al moltiplicarsi di etichette indipendenti e gruppi punk e ska.

Certamente, non era niente di paragonabile con il clamoroso fenomeno americano che vide il proliferare di band note ai più come Green Day, Offspring e Blink 182, e altre meno conosciute come Bad Religion, NOFX, Rancid o Pennywise.

Successe però che, anche in città di provincia come Pistoia, tra i banchi di scuola e nei gruppetti di alternativi, in mezzo a tanto, troppo prog rock e metal, si cominciasse a parlare di Derozer, Peter Punk e Moravagine.

Si prendeva il treno e si andava a Firenze, in un negozietto di dischi nel sottopasso della stazione di Santa Maria Novella (mi pare si chiamasse Super Records o qualcosa di simile), a comprare cd punk, a volte a caso, solo perché ci aveva colpito il nome della band o la copertina.

Fu così che acquistai Codice a sbarre delle Pornoriviste, gruppo di Varese. Mi piacque così tanto che presi anche Fino alla fine, ordinandolo per posta in una di quelle riviste (si chiamava Negative se non sbaglio), dove si trovava di tutto, cd, vhs, merchandising, gadget.

L’album, uscito nel novantanove con la Tube Records, a mio avviso è il migliore della band. Ha tutto ciò che ci si può aspettare dalle Pornoriviste e dal punk in generale. Semplice, diretto, veloce. E, soprattutto, in maniera del tutto elementare esprime concetti incredibilmente profondi.

La canzone che ho scelto è un chiaro esempio di tutto ciò. L’Ale vive nei boschi parla di qualcosa che è da sempre inscritto nelle nostre coscienze, ovvero la disperata brama di fuga dall’alienazione e l’insoddisfazione verso un’esistenza più serena e limpida.

Purtroppo, è sempre qualcun altro a farcela (in questo caso, appunto, l’Ale), mentre noi restiamo inspiegabilmente ancorati allo schifo che ci circonda.

L’Ale è uscita da un gioco di bugie e di infelicità, piglia il sole, agisce con calma e intanto io sono bloccato qua.

In pochi versi ecco sintetizzata la vita di tutti noi, o quasi.

Il finale del pezzo, merita l’eternità.

Come un cane malato ti ho sognato lontano da qua, poi ho sputato e ho chiuso gli anfibi con un tocco di attualità‘”.

Breve, sentito e ha già presentato da solo il proprio racconto. A me che resta da dire? Nulla, a parte consigliarvi di leggere questa vicenda intrisa di humor nero, che trovate come al solito subito dopo il brano che l’ha ispirata: buon ascolto e buona lettura.

Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).

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Prima e ultima volta, di Iacopo Innocenti

Banana morì perché voleva cambiare musica. Quando lo tirarono fuori dall’auto, aveva ancora il cd Fino alla fine delle Pornoriviste infilato nell’indice. Nessuno seppe mai se lo aveva appena tolto o stava per metterlo: se voleva chiudere con la roba che ascoltavamo da pischelli, o ne voleva ancora un gocciolino.

Penso spesso a lui, lo sto facendo anche adesso. Incredibile quante cose ti vengono in mente quando stai per schiattare.

Mi sento come la notte prima del rientro a scuola, quando non riuscivo a dormire e rimuginavo su tutto ciò che non ero riuscito a fare durante l’estate. Non ero andato al cinema all’aperto, non ci avevo provato con la tipa al mare, mi ero perso gli Shandon alla Festa dell’Unità. Mi attendeva un’era geologica di freddo, interrogazioni e ansia, e non ero stato in grado di godermi fino in fondo i tramonti di fine giugno, una partita in spiaggia subito dopo un acquazzone, una nottata sulle panchine del quartiere tra birrazze, cannette e stronzate.

Ora non posso che rimproverarmi la lite di ieri con Daria, sempre per lo stesso motivo, ovvero io che non prendo mai ferie a lavoro. Fino a pochi istanti fa ero convinto che non ci fosse verso di trovare un altro che potesse, per qualche giorno, scrivere al posto mio il progetto per il servizio di pulizia degli uffici del Comune di Vergate sul Membro: ora che per me sta per suonare l’ultima campanella dovranno per forza sostituirmi. La Bertoni non la prenderà bene, ha già la scrivania che trabocca di scartoffie e cose da fare.

Mi dispiace che l’ultima volta che ci siamo visti, con Daria, eravamo entrambi incazzati. Non avremo modo di rimediare, stare insieme un’altra volta, una sola, e dimenticare tutto. Mi dispiace aver sempre avuto paura di tante, troppe cose. Due in particolare: chiedere ed essere felice.

Mi dispiace morire soffocato da una caramella, ciucciata con troppa foga qui, nel disimpegno all’ingresso di casa.

Vivo solo, nessuno mi può aiutare. Ci fosse stata almeno Daria, avrebbe potuto fare qualcosa.

Ho smesso di fumare da tre mesi, di sicuro una Winston non poteva andarmi di traverso. Saranno contenti tutti quelli che mi hanno spinto a mollare catrame e nicotina per le pastiglie balsamiche: miele e zenzero letali, a trentanove anni.

Eppure l’oroscopo di stamani non era così male. Di certo non diceva che sarei morto, in quel caso avrei fatto più attenzione.

Chissà se piangeranno al funerale, chissà se si rivolgeranno a me accostando al mio nome epiteti tipo “il povero”, “buonanima”, “che Dio l’abbia in gloria”.

Non sento i miei da tre giorni, spero non ci restino troppo male.

In frigo c’è il peposo da scaldare, ho anche mezza bottiglia di vino da finire, sennò poi prende d’aceto.

Mi restano qualche capitolo di 1984 e tre puntate di Cobra Kai.

Come morte stupida, la mia batte di sicuro quella di Banana.

Giuro, è la prima e ultima volta che faccio qualcosa del genere.

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Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

2 pensieri riguardo “Racconto in musica 154: Prima e ultima volta (Pornoriviste – L’Ale vive nei boschi)

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