Racconto in musica 176: Tre fasi (Beak> – Allé sauvage)

Come molt* (presumo, non voglio fare il sociologo che non sono) lo sviluppo dei miei gusti musicali è passato per fasi assolutistiche: mi piace questo, ascolto solo questo. Non mi sono mai direzionato verso un solo genere alla volta, espandendomi anche in territori affini (grunge -> alternative rock italiano, punk -> ska), ma i territori che affini non erano li guardavo con diffidenza. Uno dei generi di cui mi sono perso così completamente l’evoluzione è il trip hop, nato quando io ascoltavo ancora le truzzate della Deejay Parade e giunto ai passaggi su Mtv quando io aspettavo ancora che passassero video dei Soundgarden, la cui intenzione sonora non era proprio la stessa. C’erano vie italiane a quel genere come i 99 Posse che non riuscivo a inquadrare (qualcosa mi piaceva, qualcosa no), passavano i Massive Attack di Banks… Ah no, scusate, comunque passavano con video iconici come quello di Karmacoma prima e Teardrop poi, che però non mi facevano venire voglia di recuperare i loro album, tant’è che non l’ho fatto ancora nemmeno oggi (va detto che allora o me lo compravo, ed era un investimento da valutare bene, o me lo facevo registrare, e all’interno delle mie cerchie scolastiche prima e amicali poi penso che nessuno avesse un disco dei Massive Attack: i gusti del me giovane si sono direzionati anche così). Poi c’era una band con una voce femminile che aveva questo suono antico, usurato, il cui primo singolo (almeno che io ricordi) condivideva la base musicale con un’altra canzone dello stesso periodo (Hell is round the corner di Tricky) e che… Mi stava sul cazzo a pelle. Non so se cambiavo addirittura canale come potevo fare che so, coi Backstreet Boys, ma di certo non smaniavo perché passassero proprio quella canzone, che era poi Glory box dei Portishead. A differenza dei concittadini Massive Attack la band di Beth Gibbons e Geoff Barrow me la sono ascoltata parecchio pochi anni fa, facendomi la classica domanda retorica “ma perché non l’ho fatto prima?”: non mi era venuto in mente però di vedere cosa stavano facendo oggi i due, visto che i Portishead non pubblicano dischi dal 2008 (Wikipedia li considera ancora in attività, sarà), e così fino a poco tempo fa mi ero perso pure i Beak>.

I Beak>, formatisi nel 2009 su spinta dello stesso Barrow con Billy Fuller (attivo nei Sensational Spece Shifters di Robert Plant) e Matt Williams (MXLX, Fairhorns), sembrano a posteriori il classico progetto/sfogo, un qualcosa di diverso con cui giocare per provare a fare qualcosa di diverso da ciò che si è fatto prima. Ovviamente questa è la mia limitata percezione, data da immagini promozionali come quella che trovate in alto e dal fatto che il primo disco, omonimo, viene registrato in soli dodici giorni in una stanza. Chiedetevi: cosa avrei combinato io in dodici giorni? Nel mio caso forse avrei finito di montare bene i microfoni (è un forse bello grosso), loro invece registrano un disco che, come già detto pochi giorni fa, viene pubblicato dalla Invada dello stesso Barrow. Nel primo disco il trio ficca dentro al calderone tastierine storte, ritmi narcotici, distorsioni granitiche, evoluzioni atmosferiche e reiterazioni vagamente ballabili di canovacci minimali, un tutto e il contrario di tutto compreso in uno steccato abbastanza ampio (se vogliamo fissarne due poli opposti forse, ma forse, possono funzionare la musica da rave al fianco del bianconiglio di I know e il bassosissimo doom marcito di Dundry Hill) in cui chitarra, basso, batteria, tastiere e synth possono giocare liberamente a ricreare un mondo sonoro a suo modo fiabesco, che delle fiabe prende però sia la componente solare che quella cupa e distorta (oserei dire anche drogata).

Che i Beak> non siano un divertissement estemporaneo (eh sì, con “divertissement estemporaneo” punto al Pulitzer) lo dimostra il fatto che tre anni dopo tornano sul luogo del delitto (non inteso come la stessa stanza, o almeno non che io sappia) e sparano fuori >>, il primo dei dischi che, a furia di frecce in avanti, ci porta velocemente e attraverso altri due album (nel 2016 la colonna sonora del film Couple in a hole di Tom Geens, che dal trailer ha esattamente il tipo di ambientazione con cui la musica dei Beak> si sposa magnificamente, e ovviamente >>> nel 2018), una galassia di Ep (l’ultimo, del 2022, è KOSMIK MUSIK), singoli, compilation e grafiche sempre più assurde ci porta al 2024 e a >>>>, il disco di cui vi abbiamo parlato pochi giorni fa. Nell’avanti veloce è stato risucchiato un cambio di formazione (nel 2016 esce Williams ed entra Will Young, già attivo nei Moon Gangs e infaustamente omonimo di un ex vincitore di un talent britannico, motivo per il quale faticherete a trovare sue informazioni sull’Internet) che non incide comunque sull’evoluzione anarchica eppure tangibile del suono dei Beak>, che in quell’immaginario bosco fatato/maledetto ci si addentrano sempre più riverberando voci, alterando i suoni, organizzandoci dentro un free party che alla luce del sole si concluderà con un sacrificio (umano? Animale? Animistico?) accompagnato da rullate tribali e distorsioni annichilenti. Con una veloce ricerca sulla pagina di Bandsintown a loro dedicata non solo non c’è notizia di un approdo a breve della band in Italia, ma scopro pure che sulla nostra penisola non ci hanno mai messo piede (correggetemi se sbaglio): sono aperto a proposte per fare una gita in Europa di Tremila Battute, così da vederceli e perderci insieme.

Allé sauvage è la quinta traccia di >>>, un brano che sembra la sigla di un programma alla Superquark: in mancanza di Piero Angela per sopraggiunti limiti di morte, e in mancanza del figlio Alberto per mancanza di budget, facendoci ispirare dalla musica dei Beak> ci siamo affidati alla buonanima dell’inesistente Joseph M. Füllkrug per stilare le tre fasi evolutive del Kromenu, animale dalle caratteristiche peculiari estrapolate da fonti perlomeno discutibili. Quali siano queste caratteristiche e a quali fonti abbia attinto l’esimio studioso potete scoprirlo più in basso, subito dopo la canzone che ci ha suggerito questo delirio: buon ascolto e buona lettura.

Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).

Scarica il numero Zero e il numero Uno della fanzine di Tremila Battute!

Tre fasi

Nella sua vita, o meglio nel suo ciclo esistenziale, il Kromenu attraversa tre distinte fasi, Il primo a stabilirne la sequenzialità fu Joseph M. Füllkrug, ricercatore all’epoca ottuagenario talvolta erroneamente confuso con un calciatore dal talento divisivo. In un testo accademico del 1999 Füllkrug divide il cammino verso la perfezione (il ricercatore non utilizza mai la parola “perfezione”, frutto delle elucubrazioni mentali dell’autore del presente articolo ndr) del Kromenu nelle seguenti fasi.

  1. Vita edenica. Il Kromenu nasce e cresce all’interno di una struttura sociale volta sia a proteggerlo che a sviluppare le sue potenzialità. Il giovane Kromenu assapora le possibilità che la vita offre, ma allo stesso tempo viene frenato nelle sua velleità da un invisibile codice morale che ne direziona le scelte. Il Bene è preponderante nella società che avviluppa i giovani Kromenu, ma al di fuori della cerchia ristretta che li educa si avvertono distorsioni nascoste sotto la sabbia. Il Kromenu nella sua fase edenica vive e muore senza conoscere altro che ciò che è giusto, sviluppa il suo potenziale solo entro i limiti di quel che è definito lecito.
  2. Vita depravata. (La denominazione di questa fase non è ascrivibile al testo fondante di Füllkrug, che anzi si scagliò contro questa scelta lessicale poco prima di venire misteriosamente investito da un’automobile guidata da pagliacci ndr). Il Kromenu vissuto nella cosiddetta bambagia (termine più vicino alle scelte lessicali atipiche di Füllkrug ndr) muore e viene sepolto in territorio appositamente sconsacrato: da qui nasce a nuova vita, distorto negli intenti e nella morale, adeguando il suo stile di vita a pratiche quali il cannibalismo e la violenza immotivata. Alcuni studiosi hanno associato questa pratica a uno sviluppo non conforme del cervello rispetto alla scatola cranica, ma Füllkrug dissente e porta come prove nel suo iconico testo alcuni pittogrammi sbiaditi in una caverna in Alsazia e il video mosso di un noto alcolista svizzero. Alla fine del suo percorso di amoralità, sostiene Füllkrug il Kromenu rimuore e ascende allo stesso tempo.
  3. Vita ascetica. Il Kromenu torna a nuova vita memore dei suoi eccessi in ogni direzione consentita. Sa distinguere il bene dal male, e agisce di conseguenza. I Kromenu arrivati alla terza fase, secondo Füllkrug, conoscono l’equilibrio e le sue molte facce, sanno che non esiste una scelta giusta e una sbagliata e agiscono consapevoli di questa dicotomia. Sono i difensori della comunità, coloro che permettono ai giovani Kromenu di distinguersi e di vivere in un eden fatato; sono gli infiltrati, coloro che permettono alle razzie dei Kromenu resuscitati la prima volta di compiersi; sono ciò che permette alla società dei Kromenu di perpetuarsi ed essere sempre tesa verso un ideale.

Né Füllkrug né gli altri studiosi interessati alla questione hanno mai spiegato quale fase attraversino i Kromenu sacrificati alla foga estatica dei Kromenu della seconda evoluzione.

Ti è piaciuto questo racconto/articolo? Segui la pagina Facebook di Tremila Battute!

Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

Lascia un commento

Progetta un sito come questo con WordPress.com
Comincia ora