Racconto in musica 171: Frammenti (Marta Del Grandi – Snapdragon)

Abbiamo parlato molto recentemente su questo blog di provincia, grazie all’ultimo libro di Mattia Grigolo, dipingendola come un posto piuttosto orribile dove la prospettiva di emergere o anche solo di fuggirne sembra un miraggio. Ovviamente questa è una semplificazione che approfondisce solo un lato della questione (per problematizzare maggiormente, illuminando il rapporto centro-periferia, consiglio a chiunque di andare ad ascoltare dal vivo Martina Miccichè o in alternativa di leggere il suo libro Femminismo di periferia), ma è vero che da giovane nel mio paesino del novarese non mi sarei mai aspettato di combinare assolutamente niente (e infatti oggi posso dire “dirigo un blog che quando va bene fa trenta visualizzazioni al giorno!”, che è la versione aggiornata del “guardami! Guido il pullmino della scuola!” che Otto Disk rivolge a Bart in una vecchissima puntata de I Simpson). Non mi sarei aspettato che nessuno potesse combinare niente intorno a me in generale, non arrivando da Cerano né da lì attorno in generale, pur essendo vicini a Milano e non, che ne so, sul Monte Amiata, dove i lodevoli Dondolaluva anni fa mi raccontavano non esserci manco i locali dove suonare. Poi è spuntato fuori Bugo, ma era la classica eccezione che conferma la regola, o almeno così pensavo. Poi ho visto un mio amico a Porta a porta, ospite abituale quando si parla di casa reale, argomento su cui ha pure scritto un libro pubblicato da Feltrinelli. Poi ho cominciato ad ascoltare Marta Del Grandi, ho approfondito la sua biografia, e fra anni passati in Belgio e persino in Nepal salta fuori che è di Abbiategrasso. Abbiategrasso? Metà strada fra Cerano e Milano, sempre all’interno di quella cerchia che anni fa consideravo il buco del culo del (mio) mondo, e da cui comunque qualcun* riesce a emergere: non sono abbastanza ottimista da trarne una lezione, ma quando succede qualcosa di bello intorno a voi vi invito a farci caso e a farlo risaltare.

Non che Del Grandi abbia bisogno di me o di questo blog da trenta visualizzazioni al giorno quando va bene per ottenere visibilità, perché il suo secondo disco Selva l’ho visto in molte classifiche dei migliori dischi italiani del 2023, e spesso nella top ten. Cantautrice giramondo, il suo percorso artistico comincia a Milano con un corso di canto ai Civici Corsi di Jazz (come racconta ampiamente in questa intervista) che la spinge a dedicare sempre più tempo alla musica, tanto da trasferirsi a Gent per frequentare il Conservatorio. Proprio in Belgio pubblica il suo primo disco come Marta Rosa, l’autoprodotto Invertebrates, in cui l’influenza del jazz si sente nelle atmosfere soffuse di brani come l’iniziale White snow o Some days ma non si limita a quello, portando ad esempio una briosità più pop in Shoes, rocks and boxes o vibrazioni più nervose ed elettriche in I don’t wanna marry, brano che trae spunto dalla storia di Pippa Bacca e dal modo in cui quella vicenda (su cui vi invitiamo a informarvi) era stata trattata dai media, che è poi quello paternalistico e saccente con cui la società cerca di ingabbiare le donne in una rigida comfort zone invece di insegnare agli uomini come essere migliori.

Gli anni successivi sono caratterizzati dai viaggi, e che viaggi. Del Grandi si sposta fra Cina e Nepal, vive per tre anni a Kathmandu (dove collabora con la sede locale di Sofar Sounds e con l’agenzia WASP – We All Should Play) e inizia a creare la musica che finirà poi in Until we fossilize, il primo disco col suo nome in copertina uscito nel 2021 per Fire Records, uno dei vari album figli della pandemia. Etereo e intimista, composto da remoto con altri musicisti e con poche risorse economiche (il contratto discografico arriverà dopo la registrazione), Until we fossilize si discosta molto dal precedente disco come atmosfere e mostra più compiutamente le capacità vocali di Del Grandi, che appoggiata ai synth soavi di Somebody new o accompagnata nei suoi vocalizzi dalla chitarra malinconica di Shy heart riesce a toccare corde molto diverse fra loro pur rimanendo all’interno di un contesto musicale molto coeso. La voglia di sconfinare, frutto anche di una libertà compositiva maggiore data dal suonare fisicamente con una band (con la quale condivide anche il progetto Mòs Ensemble), la porta con il seguente album a spaziare invece fra generi e influenze molto diverse: Selva mantiene lati intimi come Eye of the day ma si apre al pop gioioso spruzzato di fiati di Chamaleon eyes, alla semplicità chitarra-voce di Stay, ai ritmi elettronici sospesi fra fiaba e inquietudine di Snapdragon e pure a una concessione alla lingua italiana, nella title track, un brano leggiadro intriso di poesia che forse la porterà ad abbandonare l’inglese o forse no, e sicuramente non importa. Forte anche di una collaborazione con i Casino Royale (il brano Cospiro) e con il musicista statunitense Graham Reynolds, in questo 2024 Del Grandi ha pubblicato il nuovo singolo The best sea: è presto per dire se sia il preludio al nuovo disco, di certo da queste parti non vediamo l’ora di ascoltarlo.

Fra le tracce di Selva l’orecchio mi è stato catturato in maniera preponderante dalla già citata Snapdragon, un brano dal ritmo trascinante che la voce melodiosa di Del Grandi lascia sospeso in un limbo fra innocenza e inquietudine, frutto anche di un testo efficace che parla di segreti e alibi ma in maniera quasi fiabesca. L’ascolto prolungato mi ha portato alla mente alcune immagini, fissate come fotografie scattate a una festa di compleanno nel testo scomposto che potrete trovare più avanti, dove ognuno è libero di ricostruire come meglio crede la vicenda. Come ci è finito l’uomo in costume a faccia in giù nella piscina? Chi è il fotografo? E quanto è innocente la bambina che apre felice il suo pacco regalo? Se volete la versione che è nella mia testa chiedete pure, intanto vi lascio leggere e ascoltare la meravigliosa canzone da cui il racconto trae spunto: buon ascolto e buona lettura.

Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).

Scarica il numero Zero e il numero Uno della fanzine di Tremila Battute!

Frammenti

Sotto la luce gialla che le illumina le foto sembrano più vecchie, sbiadite. Sono gettate sul tavolo in maniera scomposta, come se chi le stava esaminando le avesse sparpagliate a causa della frustrazione.

  • Nella prima foto dall’alto c’è una bambina sorridente con una scatola in mano. La scatola è avvolta da una carta multicolore, ornata da un fiocco arancione su cui la bambina si appresta a posare le mani. L’inquadratura è lievemente storta, l’immagine è ripresa da lontano.
  • Nella seconda foto della bambina si vedono solo un occhio e qualche ricciolo, dietro la sua testa spunta una bottiglia di birra. Un uomo dalla faccia rossa e sudata la abbraccia e le stampa un bacio sulla fronte: lei non sembra troppo felice. La prospettiva è ravvicinata, probabilmente la foto è stata scattata dall’uomo che abbraccia e bacia la bambina.
  • Nella terza foto un altro uomo, in costume da bagno, galleggia sulla superficie della piscina. Accanto a lui galleggia una bottiglia di birra, poco lontano ci sono nell’acqua anche una sedia di plastica e alcuni palloncini. A margine dell’inquadratura si vedono degli schizzi d’acqua. L’uomo è a faccia in giù.
  • Nella quarta foto la bambina mira verso l’obiettivo con quella che sembra una pistola ad aria compressa. Ha un occhio chiuso, sorride. La foto è lievemente mossa.
  • Nella quinta foto l’uomo in costume discute con la bambina. Lei ha la testa bassa e il broncio, lui è ripreso di spalle e tiene la mano con l’indice puntato vicinissimo al suo naso. Una donna con un bicchiere pieno solo di ghiaccio osserva la scena da una sdraio a bordo piscina, gli occhiali da sole scostati dagli occhi. L’inquadratura è lievemente storta.
  • Nella sesta foto l’uomo che abbracciava la bambina digrigna i denti e fa il dito medio alla macchina fotografica. La prospettiva è ravvicinata, la foto mossa: probabilmente un altro autoscatto.
  • Nella settima foto la bambina è con le gambe a penzoloni nella piscina. L’uomo con il costume non c’è più, la sedia e i palloncini sì. La sdraio su cui era seduta la donna è vuota. L’inquadratura è molto storta.
  • Nell’ottava foto la bambina è in mezzo ad alcune piante di bocca di leone. Ha la pistola in una mano, l’indice dell’altra davanti alle labbra. Una mano sfocata alza il pollice nella sua direzione. A margine dell’inquadratura l’uomo in costume si appresta a tuffarsi in piscina.

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Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

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