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Racconto in musica 108: Vittorie (Warpaint – Majesty)

Ci sono ricordi che rimangono impressi ed altri che svaniscono. Prendiamo ad esempio gli eventi occorsi il 4 luglio 2011, un anonimo lunedì (a parte per gli statunitensi) in cui la situazione viene rivitalizzata dal Circolo Magnolia di Milano, dove i Dinosaur Jr. arrivano per suonare integralmente il loro album Bug. Di quella serata ho dimenticato un sacco di cose, riscoperte solo facendo un salto nel passato grazie a una ricerca veloce su internet, come la presenza sul palco in apertura di Bud Spencer Blues Explosion, Mona, Iori’s Eyes e Cosmetic. Come ho fatto a dimenticarmi questo dettaglio, io che sono un cultore dei concerti con un sacco di artist* a poco prezzo (il biglietto costava 15 euro)? Forse ha contribuito il fatto che il tutto iniziasse alle 18:30, e arrivando dal novarese difficilmente avrò potuto vedere esibirsi tutti; magari i due accrediti ottenuti senza nemmeno crederci troppo, di cui uno da fotografo che permise a un mio amico di vedersi parte del concerto sotto il palco (realizzando delle orribili foto con una macchinetta ben lontana dai limiti della professionalità, che caricai comunque sul sito per cui scrivevo allora), hanno diluito il ricordo dell’economicità della serata; sicuramente è stata “colpa” di una delle band di supporto, che suonando mentre gli ultimi raggi del sole svanivano è riuscita a creare un’atmosfera magica che faceva sentire altrove, un altrove improbabile che conteneva immagini da festa universitaria, party chillout in piscina e spiagge assolate di Los Angeles, eclissando chiunque è salito prima e dopo di loro. Quel gruppo erano le Warpaint, e guarda un po’ vengono proprio da Los Angeles.

La band si forma il giorno di San Valentino 2004, data in cui il nucleo originario viene completato: Emily Kokal (voce, chitarra e synth) e Jenny Lee Lindbergh (basso e cori) reclutano infatti la sorella di quest’ultima Shannyn Sossamon (batteria e cori) e Theresa Wayman (chitarra, tastiera, percussioni e cori), iniziando a fare musica con idee abbastanza chiare su ciò che vogliono esprimere coi loro strumenti e le loro voci. Ci mettono un po’ a carburare, esibendosi nell’area di Los Angeles e mietendo consensi sempre più ampi, finché nel dicembre 2007 entrano finalmente in studio per registrare il loro primo Ep con il produttore Jacob Bercovici e un nome di poco conto, un certo John Frusciante, a occuparsi di mixaggio e mastering. Exquisite corpse esce nel 2008, inizia a imporsi localmente (va al numero 1 della classifica di Amoeba Records, che in California è un’istituzione) e l’anno dopo viene ristampato dall’etichetta Manimal Vynil, che lo distribuisce in tutto il mondo: una copia arriva anche sulla scrivania di qualcuno alla Rough Trade Records a Londra, perché la storica etichetta britannica decide di metterle sotto contratto per il primo full lenght.

Nel frattempo Sossamon, attrice di richiamo internazionale (potreste averla vista in film come Il destino di un cavaliere, Le regole dell’attrazione e nella serie Wayward Pines) lascia il suo posto dietro le pelli e, dopo un breve casting, è Stella Mozgawa (batteria, tastiera, chitarra e cori) a prenderne il posto. Con questa formazione le Warpaint registrano The fool, un esordio fulminante in cui si mescolano efficaci strutture pop mischiate ad arrangiamenti più liberi e fantasiosi, riverberi sognanti e qualche piccolo richiamo folk, il tutto unito dallo splendido incrocio fra le voci delle componenti: le canzoni di cui mi sono innamorato arrivano da lì, e io me lo sono ascoltato persino andando a correre alle sei di mattina (una scelta non esattamente sensata per dare la carica, ma tant’è). Inizia un lunghissimo tour per gli Stati Uniti e l’Europa che tocca anche festival storici come quelli di Glastonbury e Reading nel Regno Unito e il Coachella negli states, al termine del quale le componenti del gruppo annunciano di voler sviluppare nuovi percorsi musicali.

L’omonimo secondo album, uscito nel 2014, è in effetti una parziale sterzata pur rimanendo all’interno delle stesse atmosfere soffuse: il singolo Love is to die è un ammiccante concessione al pop, ma nelle dodici tracce del disco c’è spazio per tanti brani che fanno della dilatazione sonora la loro ragion d’essere, rendendo Warpaint un’esperienza più psichedelica ma meno varia. L’anno seguente vede l’uscita del disco solista di Lindberg, Right On!, ma la band non perde tempo a realizzare il terzo album: Heads up esce già nel 2016 ed è un nuovo rimescolamento, caratterizzato da un’inversione di rotta che all’attitudine “viaggiosa” preferisce un approccio più freddo e synthetico. Nel 2017 le rivedo al Mad Cool Festival a Madrid (casualmente nell’immenso cartellone del festival sono presenti anche i Dinosaur Jr.), ma parte della magia che me ne aveva fatto innamorare si è persa.

Passano ben sei anni senza un’uscita discografica, un lungo periodo in cui altre priorità di vita privata e lavorativa mettono in parziale stand by il progetto. Sarebbe un periodo più breve in realtà se non ci si mettesse la pandemia di mezzo, perché Kokal, Lindbergh, Wayman e Mozgawa tornano in studio a inizio 2020 e sono costrette quasi subito a continuare i lavori nei propri studi casalinghi improvvisati: finite le registrazioni passano lungo tempo ad affinare, rivedere, costruire e ricostruire ogni canzone nell’attesa di un periodo buono per far uscire il disco, cioè quando saranno libere di fare un tour per supportarlo. Il momento è arrivato a maggio di quest’anno quando ha visto la luce Radiate like this, un album che contiene gli ormai riconoscibili elementi che caratterizzano la loro musica e qualche influenza più apertamente anni 80, decennio che le componenti non hanno mai nascosto di amare con le dichiarazioni di stima e debito creativo verso Siouxsie and the Banshees o i Tears For Fears: al momento sono in tour nel Nordamerica, speriamo in un viaggetto in Europa che le riporti anche in Italia, magari all’aperto e al tramonto.

Majesty è l’ottava traccia di The fool, un brano delicato in cui le atmosfere soffuse e dilatate delle Warpaint si distendono al meglio delle loro potenzialità. La canzone parla di una storia d’amore ormai finita, la disillusione che segue la convinzione di aver trovato nell’altra persona il proprio re o la propria regina: ho preso alcuni di quegli elementi per delineare il cammino di una coppia, fra elementi fiabeschi e dinamiche individualiste fin troppo attuali. Il racconto lo trovate come al solito dopo il brano che lo ha ispirato, a me non resta che augurarvi buon ascolto e buona lettura.

Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).

Scarica il numero Zero della fanzine di Tremila Battute a questo link!

Vittorie

Specchio specchio delle mie brame, dicono all’unisono, chi è la coppia più bella del reame?, sentendosi felici per l’esito scontato della risposta: ci sono loro lì davanti, nessuna magia se non quella delle mani intrecciate, dei corpi desiderosi di rimanere così, indivisibili. Era il primo periodo del loro amore, caratterizzato dalla comunione d’intenti e dall’orgoglio di essere migliori delle altre coppie che vedono passeggiare per strada, così scialbe nelle loro eterne routine.

Iniziano poi le concessioni all’altrui volontà, serate fuori in compagnia o gite fuori porta accettate con un sorriso e poche rimostranze. Solo quando le concessioni prendono il nome di compromessi si accorgono del potere che hanno le parole di influenzare la realtà, perché persino lo specchio, interrogato dopo la riappacificazione che segue un litigio, mostra solo l’una o l’altra figura. Chi ha ceduto scompare dalla cornice, come se a contare non fossero più la bellezza dell’unione ma la soddisfazione individuale, la convinzione di aver vinto, la sopraffazione dell’altra metà di una coppia non più indissolubile.

Troppi compromessi, affastellati gli uni sugli altri, diventano un peso che avvelena l’animo. Prima di farsi avvizzire lo spirito, concordano, resta solo una soluzione: lasciarsi, trattare la resa quando ancora c’è spazio per il dialogo e si può evitare lo scoppio di una guerra. C’è spazio per la commozione nell’addio, per la nostalgia che evocano i ricordi più belli, per un lungo abbraccio seguito da promesse che non verranno mantenute: rimaniamo in contatto, non perdiamoci di vista. Le parole nelle loro bocche hanno perso il potere, la realtà ora è la distanza che si fa sempre più ampia a ogni giorno che passa.

Ma resta un timido legame, qualcosa che non ammetterebbero di fronte a nessuno. La belligeranza resiste allo scorrere del tempo, al formarsi di nuovi amori e nuovi legami, sempre labili e passeggeri. Di fronte allo specchio, agli angoli opposti della vita, si piazzano due individui separati che chiedono per rassicurarsi chi l’ha avuta vinta, in cerca dell’ultima vittoria sul fantasma sbiadito di una persona una volta cara. Non chiedono, per timore della risposta, a chi pesa di più la solitudine, perché sanno che il riflesso non mentirebbe: questa sconfitta accomuna i loro destini.

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Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

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