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Racconto in musica 77: Prima visione assoluta (Future of the Left – Singing of the bonesaws)

Avete presente quelle barzellette che iniziano con “ci sono un italiano, un francese e un inglese…”? Quando ero piccolo io erano il non plus ultra della comicità (ok, magari non proprio, ma stateci), ora per quel che ne so potrebbero essersi estinte perché, signora mia, non si può più dire niente, o magari perché la gente si è rotta il cazzo di sentire storielle che girano attorno a quei quattro stereotipi culturali in croce. Se vanno ancora di moda (“di moda” magari è un termine un po’ esagerato) sapete di cosa parlo, altrimenti andate qui e ripassate con Elio e le Storie Tese (special guest Claudio Bisio).

Qualche anno fa sono stato protagonista di una storia che potrebbe essere l’incipit di quel tipo di barzelletta, per la precisione “c’è un italiano che va in Belgio per vedere un gruppo gallese”: tutto questo perché, nella mia insana passione per la musica che non s’incula nessuno al di fuori di me, sono dovuto volare fino a Bruxelles per vedermi dal vivo la suddetta band gallese, in giro già da parecchi anni ma che in Europa continentale già suona poco, figuriamoci se arriva in Italia. Così me ne sono andato nella capitale belga solo soletto (già mi riusciva difficile trascinare la gente ai concerti in Italia, figuriamoci portare qualcuno in Belgio), con un clima infame (sono stato in Belgio due volte per un totale di tredici giorni, nei quali non ha piovuto solo in tre occasioni: due di quelle ha nevicato, ed erano i giorni in cui sono andato a vedere il concerto) a occupare il tempo a disposizione bevendo perlomeno buona birra. Ne è valsa la pena? Cazzo sì, e per i Future of the Left lo rifarei anche domani.

Nati sulle ceneri dei Mclusky, seminale band post-hardcore che sinceramente non ho mai sentito ma che ancora oggi (scioltisi nel 2005, dal 2014 si sono riuniti solo per suonare dal vivo) suona in festival britannici grossi e non come gli ultimi degli stronzi, i Future of the Left si formano nel 2005 attorno a due terzi del gruppo appena disciolto, cioè al cantante, chitarrista, tastierista (e occasionalmente bassista) Andrew “Falco” Falkous e al batterista Jack Egglestone. Coinvolti nel nuovo progetto il polistrumentista Kelson Mathias e il chitarrista Hywel Evans (che mollerà abbastanza velocemente la band), provenienti dall’altrettanto disciolta band Jarcrew, ci vogliono due anni prima di sfornare l’esordio discografico, Curses, uscito nel 2007 per l’etichetta Too Pure che, in continuità col passato, è la stessa etichetta per cui uscivano i Mclusky. È proprio con questo disco che vengo in contatto con i Future of the Left, in maniera totalmente casuale (e illegale) condiviso con me da un amico a scopo recensione assieme a un sacco di altra roba scaricata chissà come chissà da dove (do not try this at home!): fu amore a primo ascolto grazie ai suoni grezzi e distorti degli strumenti, la voce isterica e una sorta di strafottenza sarcastica che aleggiava su tutti i quattordici brani, caratteristica fondante dei testi che ancora oggi sono intrisi di un’ironia talmente pervasiva da rendere difficile (anche per riferimenti culturali specifici) capire contro chi, cosa e come se la stia prendendo Andy (probabilmente contro tutto, anche contro sé stesso). Già l’anno dopo se ne escono con un live, Last night I saved her from vampires, poi nel 2009, dopo aver cancellato un tour in Regno Unito, Cina e Australia pur di concentrarsi sulle registrazioni, vede la luce Travelling with myself and another (uscito, anche a causa del fallimento della Too Pure, per l’etichetta 4AD): i synth, già presenti in molti brani del primo disco, prendono più spazio ma questo non toglie energia alla band, come dimostra il primo singolo Arming Eritrea. Ai tempi me lo perdo perché le mie conoscenze (di pirateria) sono limitate, non quelle di chi riesce a buttarlo su internet un mese prima dell’uscita ufficiale, facendo incazzare Falkous come neanche i Metallica con Napster (ah, la preistoria del download illegale! E quello, ragazzi, è lo scheletro di eMule).

Il 2010 inizia con l’uscita dalla band di Mathias, annunciata attraverso il profilo MySpace della band (giusto in tema di cadaveri digitali), e si conclude con l’uscita dell’Ep Polymers are forever, piccola anticipazione di quello che sarà il nuovo disco The plot against common sense (2011, in uscita questa volta per Xtra Mile Recordings). Ora sulla barca c’è anche Julia Ruzicka, una presenza che stabilizza definitivamente la formazione (ci saranno al massimo saltuari ingressi di quarti membri di cui il più importante è il chitarrista Jimmy Watkins, al fianco del trio fra il 2010 e il 2015) e porta con sé linee di basso distorte sulle cui fondamenta si edificano alcuni dei brani migliori del disco: ascoltatevi Beneath the waves an ocean per farvi un’idea. In questo momento la band decide di rendersi totalmente indipendente da etichette e cose simili lanciando una campagna di crowdfunding per il quarto disco, How to stop your brain in an accident, che raggiunge l’obiettivo minimo in cinque ore: l’album esce nel 2013 e contrariamente ai timori che avevo ai tempi su queste operazioni (se è il fan che paga preventivamente per la tua musica, quanto conterà la sua soddisfazione nel processo di scrittura?) risulta ancora oggi il mio preferito, capace di far brillare anche la prima e unica “ballad” della band, French lessons. Il gioco dell’autofinanziamento esce così bene che i Future of the Left replicano, lanciando a fine 2015 una nuova campagna di crowdfunding (fra le cui ricompense c’è anche la possibilità di portarsi a casa un pedale fuzz realizzato appositamente per la band) che stavolta raggiunge l’obiettivo in sole tre ore (e a cui sono orgoglioso di aver contribuito, sentendomi moralmente a posto dopo gli iniziali download illegali): pochi mesi dopo vede la luce The peace and truce of Future of the Left, un episodio caratterizzato da minor varietà musicale e brani più grezzi e ossessivi che rappresenta a tutt’oggi l’ultima uscita discografica del trio. Nel 2017 viene annunciato un tour europeo di poche date, al termine del quale la band si prenderà una pausa per permettere a Ruzicka di partorire e a lei e Falkous, coppia nella vita oltre che sul palco, di prendere confidenza col loro ruolo di neogenitori: per questo motivo un italiano vola in Belgio a vedere un gruppo gallese, per godersi una performance piena di energia e sudore che si conclude con Egglestone indiavolato che continua a suonare quel che rimane della batteria mentre Falkous e Ruzicka la smembrano pezzo per pezzo. A presto, gallesi pazz*, attendo il vostro ritorno con ansia.

Singing of the bonesaws viene dritta dritta da How to stop your brain in an accident, ed è un brano atipico nella discografia della band. Tutta costruita su una linea di basso ossessiva e su uno spoken word che sembra provenire da programmi radiofonici d’epoca, la canzone è un lunghissimo discorso sulla cultura dell’intrattenimento (bersaglio di altre canzoni della band, ad esempio l’invettiva contro i sequel Robocop 4: fuck off Robocop) che parte dalla differenza fra eccitazione e FOMO (Fear Of Missing Out, ovvero la paura di essere esclusi se non ci si adegua alla moda imperante) e passa per orsi che si lamentano della mancanza di azione nel film con Daniel Day Lewis There will be blood: un lucido delirio che ho cercato di mettere in scena immaginandomi una riunione di sceneggiatori che finisce in mattanza. Come? Perché? Potrete scoprirlo leggendo il racconto, che trovate as usual subito dopo il brano che lo ha ispirato: buon ascolto e buona lettura.

Se volete ascoltare questo e tutti (o quasi) gli altri brani che hanno ispirato i racconti di Tremila battute ora potete farlo tramite questa comodissima playlist su Spotify: in attesa di trovare un canale che ricompensi davvero gli artisti accontentiamoci di quel che passa il convento e ascoltate, condividete, supportate (e se avete canali alternativi suggeriteli nei commenti).

Prima visione assoluta

La scena del crimine è un macello, il che appare ironico all’Ispettore perché quante volte la moglie, adagiata sul divano senza neanche la forza di cambiare canale, gli ha detto Quelli che scrivono questa roba sono dei porci. Eccoli lì, scannati vivi, a una prima occhiata pare con nient’altro che penne, fogli di carta e vetri degli schermi rotti dei portatili in dotazione dal network.

Qui ne abbiamo un altro, dice un agente, indicando sotto il tavolo una figura col cranio fratturato in più punti. L’agente chiede scusa e va verso il bagno, lui tira fuori il taccuino e, dopo una rapida occhiata, aggiunge “sedia” fra le armi del delitto. Toccherà poi al medico legale confermare o meno la sua ipotesi.

Un altro agente, pure lui bianco come un cencio (Perché sceglierti un lavoro del genere se non riesci a sopportarlo, si chiede l’Ispettore, con così tanta necessità di vigili per le strade), lo avvisa che fuori il Direttore del network aspetta di vederlo. Cammina con tutta calma verso l’ingresso, una doppia porta in legno di mogano stranamente intonsa. Da quel che ha potuto determinare delle dinamiche del delitto nessuno ha cercato di scappare, al massimo cercarsi un posto nascosto dove morire come fanno a volte gli animali.

Il Direttore non se lo aspetta sconvolto, e non lo è. Chiede Com’è possibile che i miei migliori dipendenti (E uno stuolo di stagisti sottopagati, pensa l’Ispettore, ma non lo dice) siano morti tutti insieme, pretende una pista buona per trovare il colpevole quando loro ancora stanno contando i cadaveri per capire se qualcuno è scampato alla mattanza. L’Ispettore scuote la testa con aria istituzionalmente contrita, poi si gira quando sente un terzo agente chiamarlo a gran voce.

Ispettore, dice quello, abbiamo trovato qualcosa che dovrebbe vedere. Una delle vittime aveva in mano una videocamera, pare abbia filmato tutto.

Alla fine della visione l’Ispettore è un po’ scosso. Pensava che niente avrebbe potuto scalfire la corazza che si era creato negli anni, ma questo va oltre.

Buon dio, dice, mentre il Direttore fa un cenno con la testa che non si capisce se sia d’assenso o cosa.

Quindi davvero fate lavorare la gente a queste cose?, chiede l’Ispettore. Forse dopo anni anche io avrei reagito così.

Erano ben stipendiati per questo, dice il Direttore. Avrebbero potuto lamentarsi, invece non hanno mai detto niente.

Forse per questo si sono scannati a vicenda, dice l’Ispettore, poi si alza e passeggia sul posto. Kim Kardashian e un orso con la maschera di un regista morto? Ma davvero c’è gente disposta a guardarlo?

Se c’è gente disposta a scriverlo, dice il Direttore, troveremo gente pronta a guardarlo.

Buon dio, dice l’Ispettore, scuotendo la testa. E non le pare che questo sia il segnale che stiate andando troppo in là?

Affatto, dice il Direttore, anzi. Si alza e si affianca all’Ispettore, gli parla piano nell’orecchio come a confidargli un segreto.

Una volta finite le indagini, chiede il Direttore, pensa che potremmo mandarlo in onda questo video?

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Pubblicato da Ficky

Nel (poco) tempo libero scrivo racconti, guardo film e serie tv, leggo libri, recito in una compagnia teatrale, partecipo a eventi culturali e vado a vedere un sacco di concerti. Ho scritto per anni di musica (Indie-zone, Stordisco, Asapfanzine) e spero di trovare il tempo di farlo ancora per molti anni a venire.

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