
Ho un passato (e parzialmente anche un presente) da appassionato di punk. Ricordo i concerti di Pornoriviste, Punkreas, Derozer, Shandon e P.A.Y., per citare solo alcuni dei gruppi sopravvissuti negli anni, il pogo, le sudate. Non so se dopo quel periodo si sia spento qualcosa nel panorama punk italiano, ma un fermento come quello di inizi duemila non l’ho più visto: forse ero fortunato ad abitare vicino alla provincia di Varese, che è stata un epicentro di quella scena, forse sono stato disattento negli ultimi anni.
Un gruppo su tutti mi manca di quel periodo, fra quelli che hanno lasciato le scene: gli Skruigners. Diversamente da quello che è il percorso abituale di una band, ovvero ammorbidirsi con gli anni (vale sia ai piccoli che ai grandi livelli), gli Skruigners si sono sciolti dopo aver partorito il disco più cattivo della loro carriera, Niente dietro niente davanti. Canzoni brevissime, molte di poco più di un minuto se non meno, e l’acceleratore schiacciato a tavoletta dall’inizio alla fine.
Non ho ritrovato quell’energia nei progetti dei singoli membri (Discomostro per il batterista Carlame, Gli inutili per il cantante Ivan), e quel tipo di furia non l’ho trovata nemmeno altrove. Tutto questo fino a quando non ho scoperto una band che viene dalla stessa provincia (Busto Arsizio invece che Samarate, in questo caso) e che mi ha dimostrato come sia ancora possibile fare punk hardcore con la stessa attitudine. Ovviamente sono i Morso di cui parlo nel titolo.
Lo zen e l’arte del rigetto è il disco che cercavo da anni e che non riuscivo a trovare. Punk hardcore in italiano, testi arrabbiati al punto giusto e canzoni che si infilano come schegge sotto la pelle. La doppietta iniziale con Liberaci dal male e Nessuno e centomila è un manifesto programmatico, due minuti e quaranta in tutto che bastano e avanzano per dare una dimostrazione di forza e capacità stilistiche. I Morso infatti nelle undici tracce del disco riescono a essere potenti ma anche vari, con arrangiamenti non banali e cambi di tempo efficaci.
Pieno di istanti e Incline da questo punto di vista sono le tracce migliori, espressioni di urgenza e ricerca sonora come a loro tempo gli Skruigners fecero pescando a piene mani anche dalla furia del grind. Nel caso dei Morso sento influssi di band come i compianti Kaleidoscopic (che scopro essere stati coprodotti dalla stessa etichetta, Dischi Bervisti), un po’ di metal e tanta, tanta voglia di sperimentare. Qualche sbavatura qua e là c’è, ad esempio ne Il fine giustifica i mezzi la voce (efficace sia quando urla che quando si fa più morbida) sembra faticare a star dietro alla velocità del pezzo, ma nei venticinque minuti scarsi di musica è tanta l’adrenalina che scorre che alla fine ci si trova frastornati e contenti. Come dopo una bella pogata insomma, ma con meno lividi.
Oltre a essere musicalmente un gran disco (di cui parlo colpevolmente in ritardo visto che è uscito a inizi 2019) Lo zen e l’arte del rigetto ha anche una cover fantastica, ciliegina sulla torta per un esordio da ricordare e oltretutto in free download. Ascoltatelo, condividetelo, e quando questo periodo sarà alle spalle andate a comprare il loro disco a qualche live: ci vediamo sotto al palco.
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2 pensieri riguardo “La rivincita del punk hardcore: Lo zen e l’arte del rigetto dei Morso”